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giovedì, Dicembre 26, 2024

“Molise prossimo futuro” scalda i motori per le elezioni regionali. Il 29 convegno alla biblioteca Albino

Regione"Molise prossimo futuro" scalda i motori per le elezioni regionali. Il 29 convegno alla biblioteca Albino

Il via libera del Consiglio di Stato a nuove elezioni regionali apre uno scenario inquietante dinanzi al quale i responsabili di una situazione drammatica cercano di rifarsi una verginità politica sulle macerie di una regione al collasso. Tuttavia le elezioni possono rappresentare un’occasione storica per aprire una fase politica e culturale del tutto nuova. In questa ottica, i sottoscrittori di questo “Manifesto per il Molise prossimo futuro” sottopongono all’attenzione dei corregionali una riflessione preliminare e un progetto programmatico.

Siamo di fronte ad una crisi di sistema che investe pesantemente l’Europa, al disastro economico e finanziario del Paese ed ancor più della Regione. All’ impoverimento non solo dei ceti più deboli ma anche del ceto medio, alla totale crisi del sistema produttivo regionale, ad una disoccupazione reale i cui numeri sono molto distanti e più pesanti di quelli delle statistiche ufficiali. Intere generazioni di giovani rischiano di non vivere l’esperienza del lavoro.

Il degrado morale non è rappresentato solo dalla corruzione dilagante, dalla voracità dei partiti, che fanno impallidire addirittura tangentopoli, ma dalla disarticolazione totale della società, organizzata per caste e gruppi di potere economico-finanziari, spappolata, lacerata dalle nuove povertà dei singoli e delle famiglie, senza un denominatore “pubblico” ed obiettivi comuni, percorsa da una profonda sfiducia nel futuro: il presente delle istituzioni è precario mentre crescono i condizionamenti della finanza, fino a delineare una poderosa miscela esplosiva, in grado di mettere in discussione la stessa tenuta democratica del sistema.

Il berlusconismo prima e lo iorismo poi hanno fallito non a causa del giudizio etico, morale, politico espresso dalla società ma solo perché sono venute meno le risorse attraverso le quali si è alimentato un sistema fatto di piccoli e grandi privilegi, di sprechi finalizzati alla creazione e mantenimento del consenso. Gradualmente si è persa coscienza dei doveri da assolvere e diritti costituzionalmente garantiti che non sono concessioni del “principe” di turno.

In questo quadro di deresponsabilizzazione  individuale, di rassegnazione a processi ritenuti ingovernabili e indipendenti dall’intervento dei singoli e delle comunità, di una sfiducia che oscilla tra fatalismo, indifferenza o addirittura connivenza ed accondiscendenza nei confronti di un ceto politico, comincia a farsi strada in Italia e nel Molise la convinzione che una “classe dirigente” avida, irresponsabile, arrogante, cinica, ha portato il Paese e la Regione al disastro, precludendo ogni prospettiva di futuro alle nuove generazioni di giovani.

Non si tratta solo di giusta indignazione contro la dispensa di risorse e privilegi a buon mercato che non ha favorito uno sviluppo sostenibile e ugualitario, ma di una coscienza chiara che l’uguaglianza è un valore costituzionale che precede le differenze in quanto capace di garantire le libertà costituzionali e rimettere in moto il futuro.

Seppur lentamente e con difficoltà matura la convinzione che, se non si volta rapidamente pagina, il destino del Paese e del Molise sono segnati.

Finora non solo la politica non ha lavorato per modificare il corso delle cose ed impedire che si arrivasse al disastro (compito di chi pretende di governare e definirsi classe dirigente) ma chi aspira ad un vero cambiamento  non ha trovato interlocutori credibili rassegnandosi a pensare il futuro come inevitabile continuità del presente. Di qui la sostanziale disaffezione verso una politica incapace di svolgere la funzione di mediazione tra istanze e risposte ponderate, chiusa nell’egoismo dell’occupazione di posti di potere, avvinghiata ai propri privilegi, dedita ai facili proclami. La globalizzazione pone invece alle istituzioni di ogni livello problemi nuovi che il populismo e il localismo delle identità sono del tutto incapaci di affrontare.

Le elezioni regionali che si terranno possono dunque diventare una reale occasione di partecipazione e di cambiamento di prospettiva: grazie all’immaginazione della società civile e ai valori democratici prioritari dell’uguaglianza e della prospettiva “pubblica” c’è un futuro che può essere diverso e migliore del presente. Una spinta propulsiva gestibile da forze progressiste che nel passato recente e meno recente, è stata tuttavia bruciata e sperperata con logiche conservatrici, per mancanza di dialogo con le categorie sociali e di un’opposizione coraggiosamente esemplare.

Si è così consumato  un trasversalismo politico sul terreno della conservazione di un esistente privilegiato ed evitando il confronto con il diritto di tutti a un futuro migliore del Molise e nel Molise, si sono condotte con schieramenti eterogenei battaglie difensive e “cause perse” perché prive di ideali collettivi e di visioni programmatiche.

Le ultime elezioni amministrative, e le stesse regionali dell’ottobre scorso, hanno sancito la crisi profonda e forse irreversibile del centrodestra. Tuttavia gli elettori non hanno  premiato il centrosinistra perché non  ritenuto alternativo al centrodestra. Non a caso crescono l’astensionismo  ed i movimenti anti partiti. L’appuntamento elettorale acquista perciò un significato ancora più pregnante per la particolare fisionomia di una terra nella quale da troppo tempo prevalgono i fattori di conservazione, favoriti dal particolarismi locali e da un sistema infeudato di piccole concessioni e di grandi privilegi.

Di qui la domanda di fondo: possiamo affidare al ceto politico responsabile degli attuali disastri la ricostruzione economica e la rinascita morale e culturale della società molisana? Non è stata forse questa la vera antipolitica? Possiamo limitarci a segnalare un malessere diffuso e la giusta protesta della società molisana? Certamente no.

Riteniamo quindi sia giunto il momento di chiamare all’impegno attivo e diretto i giovani e quella parte di società che non si è mai piegata alle logiche di questa politica e avverte il bisogno e il dovere di provare a riaprire una prospettiva per la nostra regione e per il Paese, partendo dalla convinzione che la crisi, pur tra i tanti e gravissimi problemi, ha prodotto un elemento di grande e positiva novità: la consapevolezza di cambiare certi stili di vita e di rimettere in discussione la miriade di grandi e piccoli privilegi, a partire da quelli della politica, e persino i modelli culturali, sociali, economici e finanziari.

Sarebbe un vero crimine sciupare questa coscienza e questo nuovo entusiasmo. Se non ora, quando?

In questa regione degradata dalla pervasività della politica anche per i lavori più umili e precari, occorre, prima ancora del Programma, un Progetto che affronti il problema dei problemi – la creazione di posti di lavoro – e scardini una logica politica che non ha usato il lavoro come strumento di liberazione e realizzazione dell’uomo e del cittadino ma come arma di ricatto che nega il diritto di scelta e di cittadinanza. Un progetto che espliciti l’organizzazione dei servizi (salute, scuola, trasporti, organizzazione istituzionale, cultura, pubblica amministrazione) in funzione esclusiva della salvaguardia dei diritti degli utenti, ponendo fine al clientelismo per premiare i meriti, le capacità, l’impegno.

 

Per questo è indispensabile azzerare questo ceto politico ed individuare e selezionare da subito, e con strumenti democratici, una vera e nuova classe dirigente,  in grado di interpretare una coraggiosa svolta nella politica molisana, fino al punto di scelte impopolari per l’immediato, ma lungimiranti ed indispensabili per il futuro. Quello che chiediamo è una rottamazione seria, non legata all’anagrafe ma alla competenza e alla capacità di immaginazione: il sistema consolidatosi in tanti anni ha infatti schiacciato molte potenzialità di ventenni e trentenni che sono già vecchi per come interpretano e praticano la politica.

L’unica vera alternativa è dunque una classe dirigente nuova per storia personale, per coerenza del proprio pensiero e dei propri comportamenti, per sforzo progettuale e programmatico e soprattutto per impegno di resistenza e di rottura. Opporsi a Iorio, in base a politiche di alleanze ormai logore e tuttavia riemergenti nel centrosinistra, non consente di costruire un’alternativa al sistema. Più che proporsi come gestione “diversa”  dello stesso sistema, denunciando chi lo ha praticato e rappresentato, bisogna  immaginarne un altro: la nostra storia recente è piena di finti oppositori, e per questo tutto resta come prima. Lo iorismo è soprattutto un sistema di continuità ideologica e politica. Le alleanze costruite a tavolino non hanno futuro, funzionano solo se sono il naturale terreno di incontro e di condivisione di un progetto politico e programmatico chiaro e vincolante su due o tre punti programmatici fondamentali, in grado di indicare una strategia di uscita dall’attuale situazione, di motivare e mobilitare quelle forze individuali e collettive che aspirano al cambiamento. Una sfida  che prima di essere politica è culturale.

La politica deve dare l’esempio e deve tornare ad essere la nobile attività di servizio alla collettività. Riteniamo pertanto che per ricostruire la credibilità delle istituzioni occorre (1) abolire il vitalizio agli ex consiglieri regionali, (2) dimezzare immediatamente le indennità dei consiglieri regionali e (3) portare a 20 il loro numero.

Sappiamo bene che tale scelta non risolve i problemi finanziari della Regione, rappresenta però un elemento di equità dal quale non si può prescindere, mentre si chiedono sacrifici anche ai ceti più deboli.

*Organizzazione istituzionale: più di altre regioni il Molise deve ripensare alla propria a causa della drastica riduzione dei trasferimenti statali derivante dalla drammatica situazione finanziaria del Paese. Una classe dirigente priva di lungimiranza ha infatti creato le premesse oggettive di un rischio incombente: la perdita dell’autonomia regionale, che la maggioranza dei molisani comincia ad ormai ad auspicare.

*Sulla creazione di una macroregione  (la cosiddetta “Marca Adriatica”) la politica regionale è stata incapace di affrontare seriamente il problema liquidandolo con la retorica dell’identità. Ora è aperto nei fatti un dibattito sul processo di semplificazione e sfoltimento istituzionale  reso non  più rinviabile da un’ architettura istituzionale pesante, costosa e inefficiente per cittadini  e  imprese. Oggi si pone dunque l’obiettivo di dar vita ad un “nuovo sistema” istituzionale regionale puntando con gradualità, ma con decisione, a ridurre in maniera consistente lo stesso organico regionale. Basta con le consulenze, alle quali si deve ricorrere in casi davvero eccezionali. Occorre utilizzare meglio le risorse umane già presenti e garantire che le eventuali nuove  assunzioni, per profili professionali non reperibili all’interno dell’organico, avvengano con procedure davvero trasparenti. Nell’immediato il personale delle Comunità Montane (soppresse) va trasferito alla istituita Agenzia Regionale di Protezione Civile.

 

*Il coraggio di tagliare. Il novanta per cento dei comuni molisani è alle prese con l’attuazione delle norme che obbligano i comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti alla gestione associata dei servizi. Finora il silenzio della Regione e delle forze politiche è stato scandaloso. Serve ora coraggio di  eliminare tutti gli enti locali intermedi tra i Comuni e la Regione ( C.M, Province), gli enti  cosiddetti sub-regionali (IACP, EPT, consorzi di bonifica, consorzi industriali, ARSIAM etc.), trasferendo le relative funzioni ai comuni, organizzati in tre o quattro Unioni di Comuni. E’ la stessa UE, oltre che l’etica della “responsabilità pubblica”, a imporci come priorità l’organizzazione  di una Pubblica Amministrazione che abbia tempi, risultati e costi paragonabili alle migliori esperienze nazionali ed europee.

*Il sistema sanitario regionale schiacciato sotto il peso di un deficit elevatissimo (quasi 1 miliardo di euro) e di spesa fuori controllo, ha provocato un aumento spaventoso della pressione fiscale ed effetti devastanti per il nostro sistema produttivo: una crisi quasi irreversibile nonostante i ticket più alti d’Italia. Il settore ha bisogno di un profondo cambiamento di uomini, di metodo e di mentalità. Una vera classe dirigente ha il dovere  immediato di abbandonare ogni forma di tatticismo e di  campanilismo per sconfiggere interessi corporativi e/o affaristici. Le lunghissime liste di attesa, per fare solo un esempio, sono di fatto la negazione del diritto alla tutela della salute. Il mito fuorviante de “l’ospedale sotto casa”, è fallito. S’impone perciò un ridimensionamento della rete ospedaliera e chi si ostina a dichiarare che nessun ospedale verrà chiuso è un irresponsabile. La sfida  non è la difesa dell’attuale sistema ma la qualità dei servizi sanitari e sociali da erogare ai cittadini.

*La scuola, la conoscenza, la cultura, sono essenziali per far recuperare competitività al sistema Paese e al Molise. Nella società della conoscenza e della globalizzazione, la scuola è il principale motore  e ascensore di mobilità sociale e di esercizio del futuro, se il sistema formativo pone al centro la crescita culturale dei giovani e l’acquisizione di un bagaglio di conoscenze, competenze ed abilità, spendibili sul mercato del lavoro. E’ esattamente il contrario dell’attuale organizzazione della scuola molisana. Ne sono l’esempio le pluriclassi, giustificabili solo in casi davvero eccezionali, che si cerca testardamente, ed inutilmente, di conservare in un contesto di riduzione progressiva di alunni, organici e tempo scuola, o con classi composte da pochissimi alunni ai quali viene negata la possibilità di socializzare, di confrontarsi e, perché no, di competere. Va dunque messa in cantiere la creazione di una rete di poli scolastici facili da raggiungere dai piccoli comuni e in grado di garantire formazione e socializzazione.

*L’Università è forse il vero problema e la scommessa da non sottovalutare. Di fatto fino ad ora non è riuscita ad evitare al Molise una crisi dell’apparato produttivo senza precedenti, soprattutto del comparto agroalimentare, con evidenti limiti di interazione con le vocazioni del territorio e con il sistema produttivo regionale. L’incrocio innovazione-territorio è la chiave di tutta la nuova impostazione di politica industriale della UE, che pone proprio l’accento sulla necessità di creare una nuova società della conoscenza a partire da una forte accelerazione delle capacità di tradurre la ricerca in innovazione, ma nel contempo di diffonderne i risultati sul territorio, anche attraverso una nuova alleanza fra autonomie universitarie e autonomie regionali. Da qui la necessità di riflettere sulla politica fin qui seguita dall’Università del Molise, che ha puntato più ad incrementare il numero degli studenti e a polverizzare la presenza territoriale dell’Università, che a creare una struttura di eccellenza, magari con una minore gamma di offerta formativa ma in grado di fungere da elemento di attrazione di utenza  dalla nostra regione e da tutto il Paese.

 

*La politica tiene sotto scacco la società molisana ed il suo fragile sistema economico che si è alimentato di spesa pubblica ed ora, di fronte alla progressiva e drastica riduzione dei trasferimenti, rischia lo smantellamento e la catastrofe. In una sorta di paese da socialismo reale le aziende rimaste, molte delle quali partecipate dalla Regione, scontano diseconomie di mercato derivanti dalla fiscalità regionale più alta d’Italia, dalla mancanza di un sistema infrastrutturale adeguato, un sistema creditizio tra i più costosi e da un’ assenza di servizi.

L’idea di uno sviluppo dipendente dagli investimenti pubblici è oggi superata. E’ quindi urgente creare le condizioni per attrarre investimenti privati, contando su una pubblica amministrazione agile, rapida ed efficiente, di servizi qualificati alle imprese, infrastrutture moderne, convenienza fiscale, lotta alla criminalità per garantire la sicurezza del  territorio, facilità di accesso al credito ed applicazione di interessi in linea con quelli di altre regioni e  superamento dei contributi in conto capitale. Il Molise deve scommettere e puntare sul cosiddetto “modello di sviluppo sostenibile”. Un modello da condividere  con imprenditori, amministratori locali, enti di formazione e di ricerca, che va perseguito con scelte chiare e non equivoche che non si trasformino in  mere dichiarazioni di principio e alla moda.

Di qui l’urgenza di un nuovo Piano Energetico ed Ambientale Regionale, che scelga senza esitazione la via della co-generazione, distribuita, diffusa e di piccola taglia, legata alle risorse disponibili sul territorio e capace di attivare filiere produttive locali. Un massiccio sostegno  alla raccolta differenziata dei RSU in tutti i comuni farebbe in pochi anni diventare il Molise la regione più virtuosa d’Italia. La cosiddetta green economy è l’unica che in questo momento genera nuove professioni e nuova occupazione. Prioritario è la messa in sicurezza del territorio: l’adeguamento sismico degli edifici, sia pubblici che privati,  l’adozione di misure per affrontare il problema del dissesto idrogeologico sono interventi che possono contribuire a far ripartire rapidamente e significativamente l’economia regionale.

 

*Acqua pubblica: varo di un programma di valorizzazione, uso razionale  e tutela di una risorsa annunciata come prossima emergenza mondiale. Politiche di sostegno e tutela verso: imprese che si convertono alla sostenibilità ambientale e dei luoghi di lavoro; aree naturalistiche da tutelare con decisione (parco del Matese); produzioni agroalimentari e manifatturiere locali di qualità; filiere corte locali; processi di internazionalizzazione delle imprese per affrontare nuovi mercati e, infine, alla innovazione e al trasferimento tecnologico delle imprese e della P.A.

 

 

 

La Regione deve dotarsi di un piano di fuoriuscita dalle aziende partecipate e impegnarsi a   rimettere in piedi da capo un nuovo welfare.  E’una grande battaglia di civiltà che chiunque si professa riformista ha il dovere di combattere insieme al superamento del vecchio dualismo tra lavoratori protetti e non protetti e della discriminazione tra lavoratore e lavoratore, assicurando identiche tutele contro il rischio disoccupazione.

Le dinamiche del lavoro sono legate alla logica generale del sistema ma un welfare serio ha come presupposti i valori del “pubblico” e dell’interesse collettivo su quelli legittimi degli individui e dei gruppi. Invertire le priorità è già cominciare a cambiare: il primo passo necessario verso il futuro.

 

Domenico Di Lisa

Gigino D’Angelo

Sergio Sammartino

Domenico Santorelli

 

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