Le elezioni regionali del Molise sono legate in buona parte alle scelte che farà l’Unione di centro. Il partito di Casini, sinora ferreo alleato di Michele Iorio, è in attesa delle indicazioni che proverranno da Roma e che, voci insistenti, accreditano in direzione di un cambiamento. Le notizie in arrivo dalla Capitale propendono per un’alleanza tra Udc e Pd estesa a tutte le regioni chiamate al voto. In Molise, come in Lombardia e Lazio, è quindi probabile una riedizione del centrosinistra classico che terrebbe fuori le ali estreme della politica regionale: dall’Italia dei valori a Sel, e che emarginerebbe movimenti come 5 Stelle e Costruire democrazia.
Il Molise va in direzione del centrosinistra depurato dalle ali estreme. Una soluzione che metterebbe d’accordo trasversalmente molte anime della politica molisana. In una prospettiva del genere il ruolo di ago della bilancia spetta indubitabilmente all’Udc che ha avviato una riflessione al proprio interno in attesa delle indicazioni romane.
“Non rinnego ma non rimpiango”, quello più diretto nel partito di Casini è il consigliere regionale Franco Giorgio Marinelli. A non essere rinnegato, ma nemmeno rimpianto, è Michele Iorio la cui stagione, secondo Marinelli, è giunta al capolinea. “Abbiamo lavorato insieme a Iorio e alla coalizione di centrodestra ma adesso un ciclo si è chiuso. Personalmente mi conformerò a quelle che saranno le scelte che il partito farà a livello nazionale ma, se mi si chiede qual è il mio personale punto di vista, dico senza mezzi termini che l’alleanza con il Pd è lo sbocco naturale di un percorso ormai maturo a livello nazionale e a livello regionale: quello di una alleanza tra i moderati e la sinistra riformista”. Poi conclude: “Dico sin da ora che non mi ricandiderò qualora da Roma dovessero venire indicazioni che ripropongono per il Molise l’attuale schema di alleanze”.
Marinelli parla a pochi minuti dalla riunione convocata dal segretario regionale del partito, Teresio Di Pietro, insieme a tutti i consiglieri regionali. Un primo passo verso quella che per i centristi sarà una campagna elettorale decisiva, tanto per loro quanto per le sorti del Molise. “Siamo un partito nazionale – dice Di Pietro – e pertanto seguiremo le indicazioni romane. Diversamente dal passato e diversamente dallo scorso anno quando la decisione venne delegata ai rappresentanti regionali, questa volta le scelte verranno fatte a livello centrale. Sono tre le regioni chiamate al volto: oltre al Molise ci sono anche Lombardia e Lazio e le scelte che verranno fatte saranno di carattere omogeneo. Analoghe per tutte e tre le regioni. E’ in questa direzione che si sta andando”. La direzione, dice Di Pietro senza però sbilanciarsi, potrebbe risentire delle “scelte fatte in Sicilia”.
La scelta siciliana è quella di una stretta alleanza tra Pd e Udc una scelta, per dirla in termini comprensibili, che altro non è se non una riedizione del collaudato schema del centrosinistra classico. Quello, per capirci, di marca morotea e risalente ai primi anni ’60. La stagione senza fine della politica molisana, anzi della non politica molisana, potrebbe arrivare a questa via d’uscita. Potrebbero essere così archiviati dieci anni di ossificazione leaderistica e riavviata una stagione nuova che, grazie ad uno schema vecchio ma buono, traghetterebbe il Molise verso una prospettiva di stabilità e governabilità. A pagare dazio a questa alleanza tra Pd e Udc sarebbero le ali estreme: in Molise, come in Sicilia, resterebbero fuori dalla coalizione sia l’Italia dei Valori che la sinistra radicale (da Sel a Rifondazione comunista). Starebbero invece dentro le piccole formazioni minori come Psi e Adc, senza escludere la possibilità di inglobare qualche lista civica. “D’altro canto – aggiunge Teresio Di Pietro – lo abbiamo sempre detto: siamo equidistanti da entrambi i blocchi e col centrodestra, pur volendo dialogare, registriamo una situazione di stallo. A parlare è stato solo Di Giacomo che, essendo coordinatore regionale, per me che sono cresciuto nella disciplina della Democrazia cristiana, rappresenta la voce del partito. Quella ufficiale. Di Giacomo ha detto che Iorio è uno dei possibili candidati ma non è l’unico. Ne prendo atto ma prendo anche atto che dal Pdl non abbiamo ricevuto alcuna proposta ufficiale. Come prendo atto che dallo stesso Iorio ai partiti non è venuto alcun segnale”.
Interrogato, anche l’assessore Velardi fa spallucce e si trincera dietro a un laconico “attendiamo indicazioni da Roma”, attribuendo anche lui alla fumata romana il destino di Iorio. Nessuno all’Udc dice, apertis verbis come in passato, stiamo con il governatore. Questo è un segnale ben preciso che dovrebbe allarmare e non poco Iorio. “Questa è una regione democristiana”, dice Velardi, e come dargli torto? Proprio per questo l’alleanza con il Pd, dove sono confluiti molti democristiani, e l’Udc, dove sono tutti democristiani, potrebbe risultare vincente spazzando via tutto quello che sa di radicale e estremo, grillini e Costruire democrazia compresi. In un contesto del genere, basato su una saldatura ferrea tra Udc e Pd, andrà poi inquadrato il discorso della leadership. Difficilmente l’Udc potrebbe accettare soluzioni precostituite e chiederebbe di azzerare ogni questione pregressa lavorando a una soluzione concertata ex novo. Tradotto, in termini pratici, la leadership di Paolo Di Laura Frattura potrebbe essere messa in discussione salvo poi, a fronte di una intesa negoziata, essere anche riconsiderata. Tuttavia a sfavore dell’ex presidente di Unioncamere giocherebbe la stretta relazione che da un anno Frattura intrattiene con l’Italia dei valori. E’ a questo punto che potrebbe spuntare una soluzione nuova, un “papa nero” che potrebbe venire fuori e sparigliare tutti i giochi.