È in corso da anni una campagna stampa, sproporzionata e violentissima, perpetrata a danno del Molise. Decine di articoli funzionali ad un “alibi di Stato”, quello che tende ad un obiettivo ben preciso: la diversa allocazione delle risorse in altre regioni. Il Corriere della Sera, vessillo della borghesia industriale, ne è uno degli indiscussi protagonisti.
Negli anni scorsi, in particolare con il consolidamento dell’asse Lega-Tremonti al governo, si è assistito a un vero e proprio travaso di risorse statali, con immense quote di finanziamento spostate da una parte all’altra. Basti pensare ai fondi Fas, decurtati di 18,4 miliardi nel periodo 2008-2012. E all’uso degli stessi fondi, concepiti per una cosa (le aree sottoutilizzate) e utilizzati per un’altra: le quote latte, l’Alitalia, le reti di trasporti lombarde o venete e molto altro ancora.
Esistono in proposito studi molto precisi, e alla questione dedicò un bell’editoriale il direttore di questo stesso giornale, Manuela Petescia (Lo scippo dei fondi Fas, «Il Quotidiano del Molise», 18 maggio 2010). Vi si parlava dei “fondi Fas usati per il salvataggio dell’Alitalia, per i trasporti del lago di Garda, per la privatizzazione della Tirrenia, per pagare agli allevatori lombardi le multe delle quote latte, per finanziare gli sconti sulla benzina e il gasolio concessi agli automobilisti del Piemonte, della Lombardia o del Trentino Alto Adige. Una spoliazione di risorse destinate al sud – si concludeva – che solo negli ultimi due anni è costata 37 miliardi, secondo una stima dell’«Espresso»”.
Ovvio che una simile spoliazione, “di stato”, richiedesse un qualche alibi, altrettanto “di stato”, e di particolare forza. Del genere: “tu, Stato, non dare denaro alla Calabria o ancora peggio al Molise perché tanto lì lo mandano in malora. Dallo a me che sono veneto o lombardo e sono tanto efficiente”. O dallo a me, borghesia industriale (non a caso così ben rappresentata dal Corriere della Sera, ma per Repubblica – vista la proprietà – il ragionamento non si sposta di una virgola, e tanto più la cosa vale per La Stampa o meglio ancora il Sole-24 Ore), che ne faccio investimenti realmente produttivi.
In questo senso va interpretata la campagna di stampa – sproporzionata e violentissima – che da anni viene perpetrata a danno del Molise. E non c’è dubbio, per quanto riguarda il Molise, che alla formazione di questo alibi di stato abbiano contribuito, numerosissimi, i cacciatori di scandali, gli indignati a getto continuo, gli sdegnati dei fondi dell’art. 15 destinati nientemeno che a Pesche, Capracotta o Sant’Angelo in Grotte, quando invece sarebbe stato molto meglio destinarli a Busto Garolfo, Vimodrone o ai collegamenti stradali della Val Trompia. O meglio ancora, dopo adeguato depauperamento degli ospedali di Venafro, Larino, Termoli, Agnone, agli ospedali di Bergamo, dove non si spreca niente. Perché, si capisce, un elettore di Calderoli, di Brancher e caso mai di Borghezio, tendenzialmente spreca meno di un elettore di Iorio. Altrettanto bene si capisce che tanto più si denunciavano gli sprechi e le malefatte regionali (e in Molise è venuta a crearsi una vera e propria centrale dedita a questa attività), tanto più si rafforzava quell’alibi di stato.
Con questo, voglio dire che gli scandali regionali non andavano e non vanno denunciati? Tutt’altro. Voglio dire che gli scandali vanno denunciati eccome, ma prima di tutto tenendo ben presente il rischio, evidente, che quelle denunce vengano strumentalizzate, ai fini di un disegno che prevede la pura e semplice decimazione del Molise. E non è certamente un mistero che Tremonti si presentasse alle riunioni ministeriali sventolando i giornali che parlavano delle vicende molisane. Poi, soprattutto, separando gli scandali veri (come il Termoli Jet) dagli scandali falsi, come le seppie e le ippovie. Notizie che un qualsiasi praticante giornalista avrebbe potuto verificare in cinque minuti e accertare per quello che sono: atroci barzellette, leggende metropolitane sul genere dei coccodrilli bianchi, le bambine rapite dagli alieni, i fantasmi che salgono in macchina e via dicendo. Invece su quelle falsità è stata montata una delle campagne più brutali che si siano viste negli ultimi cinquant’anni.
L’atto con il quale il pm Papa ha chiesto l’archiviazione del relativo procedimento giudiziario chiarisce tutto. I fondi destinati alle seppie e alle ippovie non erano soldi del terremoto. E non potevano, materialmente, andare ai terremotati, perché l’art. 15 (dice la richiesta di archiviazione) “non era relativo IN ALCUN MODO ai fondi stanziati dal governo per le opere di ricostruzione”. Per cui è da chiedersi come sia possibile che qualcuno ancora conceda un grammo di credibilità ai giornali che si sono occupati – e tuttora continuano a occuparsi – della questione.