Organizzata dal movimento “Cambiare si può”, si è svolta alla biblioteca Albino di Campobasso un’assemblea che ha chiamato a raccolta sigle della sinistra comunista e movimenti civici in vista delle elezioni politiche e regionali. Sul tavolo l’ipotesi di un unico cartello elettorale che assicuri la rappresentanza istituzionale ad una fetta di elettorato spesso emarginata.
Abbiamo partecipato alla assemblea del movimento “Cambiare si può” che si è tenuta alla biblioteca “Albino” di Campobasso e, se non fossimo certi di essere smentiti seduta stante dal calendario, diremmo che la data in cui si è tenuta non è quella del 3 gennaio 2013 (come in realtà è stato) ma quella del 3 gennaio 1970. A scanso di ogni equivoco, precisiamo subito che questa nostra affermazione non è una critica né una canzonatura, come spesso ci capita di fare, ma un attestato di merito. Merito al cuore, merito a chi la politica, pur nel 2013, è abituata a farla col sentimento, esattamente come capitava negli anni ’70 e prima e, salendo, sino al 1992 quando l’ondata dipietrista e Mani Pulite uccisero la Prima Repubblica e i partiti che ne facevano parte. Un repulisti, quello capeggiato da Francesco Saverio Borrelli, che spazzò via il marcio che c’era ma, come sempre accade in questi casi, insieme all’acqua lorda butto via pure il bambino. I partiti, checché ne dicano le mezzetacche e i parvenu in circolazione (circolazione abbondante) sono stati una formidabile palestra per chi ha avuto modo di frequentarne la vita e gli organismi, una casa dove insieme all’ideologia abitava un ingrediente fondamentale per il progresso: la passione, l’umanità, il sentimento, in definitiva il cuore. Nelle sezioni di un tempo, oltre al fumo delle sigarette e alla nuvolaglia grigiastra che allignava costante sulle riunioni e sulle partite a tressette, si respirava un’aria di onestà che nella Seconda Repubblica, oramai già Terza, non è merce rara, è merce oramai estinta. Sopravvivono poche e infinitesimali particelle, come quelle che ieri si sono riunite all’Albino per decidere quale strada imboccare sul piano nazionale e su quello regionale. Una tribù di pellerossa, dove il termine sta ad indicare sia il carattere di minoranza (nel Paese e in Regione) degli intervenuti sia la loro colorazione politica. Salvo qualche rarissima eccezione, quella nella quale ci siamo ritrovati è stata sostanzialmente un’assemblea di comunisti.
Hanno discusso di cosa? Della possibilità che l’alleanza tra il movimento “Cambiare si può” e “Rivoluzione civile”, quest’ultima capeggiata dal magistrato Antonio Ingroia, oltre ad avere una sua proiezione nazionale ne possa avere anche una regionale. Ovviamente è finita come finiscono tutte le cose comuniste, e cioè con l’attenzione alla “virgola che divide e non al libro che unisce”, come ha detto nella sua introduzione ai lavori (forse presagendo l’esito della riunione) Silvio Arcolesse (una specie di sosia di Russo Spena ai tempi di Democrazia proletaria), componente della segreteria regionale del partito della Rifondazione comunista. Il nodo da sciogliere, e ci limitiamo all’analisi regionale, è quello di una strana alleanza, quella che si sta coagulando attorno a Ingroia, che tiene insieme a livello nazionale forze e movimenti che sul piano locale non starebbero insieme nemmeno col Bostik. Come si fa, ad esempio, a tenere insieme in Molise l’Italia dei valori, Sel e Costruire democrazia che invece, per strade diverse, a Roma convergono su Ingroia? Un rompicapo che, a nostro avviso, non troverà soluzione. Salvo che l’assemblea di ieri non sia, sul piano locale, il prodromo di una divisione: ovvero – per fare un esempio – l’Italia dei Valori con Frattura e Cambiare si può, con una sua lista, con Romano. D’altro canto è stato lo stesso Michele Durante, numero due di Costruire democrazia, a paventare l’ipotesi che possano nascere liste convergenti sulla proposta programmatica del suo movimento e sul candidato alla presidenza, già da tempo individuato da tempo nella figura del suo fondatore, Massimo Romano. Ipotesi che convince alcuni ma che lascia perplessi altri che vorrebbero correre in proprio, come Mino Dentizzi del movimento Alba, Italo Di Sabato, segretario regionale di Rifondazione comunista e Angelo Di Toro, comunista di Rifondazione, che propone di puntare sulla candidatura di un operaio o di un’operaia.
Finirà, probabilmente, con tutti che parleranno addosso a tutti e con ciascuno che parlerà addosso a se stesso e la scialuppa destinata a salvare i comunisti finirà, come al solito, per arenarsi nelle secche delle discussioni interminabili o, peggio, per schiantarsi sugli scogli dell’inconcludenza. Noi non glielo auguriamo a questa gente, lontanissima da noi per formazione e storia personale, perché questa è gente onesta. E di gente onesta, personalmente, intellettualmente e politicamente, questa Regione ha un bisogno disperato.