E’ stata fissata al 13 giugno l’udienza davanti al Tar Molise per la discussione dei ricorsi elettorali relativi alle recenti elezioni regionali. L’undicesima legislatura regionale, appena partita è già in pericolo. All’orizzonte un possibile annullamento ed un ritorno alle urne nella primavera del prossimo anno.
Buoni a nulla, ma capaci di tutto. Potremmo dire questo della gran parte dei politici molisani, citando quel maestro di freddure ed altro che fu Leo Longanesi. Che siano dei buoni a nulla, lo dice la cronaca politica degli ultimi venti anni, cioè la stessa medesima cosa che ci dice anche il resto: ovvero che questi sono capaci di tutto. Oltre a non combinare niente, che di suo è già un danno, lorsignori pare non aspettino altro che mettere un carico da undici sui disastri che da mane a sera vanno combinando. E’ il caso, detta alle spicce e senza tanti giri di parole, dei ricorsi elettorali, una ghigliottina istituzionale per la quale è stata già decisa la data di messa in funzione. Il prossimo 13 giugno, infatti, toccherà al Tar Molise (a cui è stato chiesto) di mozzare il capo alla XI legislatura regionale, mollando la corda e liberando l’affilatissima e pesante lama dei ricorsi elettorali. Nel giorno dedicato al culto del santo lusitano Antonio, sapremo dunque se entro pochi mesi le genti molisane saranno chiamate nuovamente alle urne. Potrebbe anche darsi di no, vista la giornata dedicata a Sant’Antonio che, essendo specializzato in miracoli al limite del miracoloso, potrebbe metterci una pezza e lasciare le cose come stanno. Ma si sa, il culto dei santi vale per chi ci crede e qui, più che ai santi viene da pensare ai diavoli. Solo Belzebù in persona potrebbe essere talmente perfido da volere un nuovo giro di giostra, di schede, di urla, strilli, gridolini, botti e petardi da campagna elettorale. Sarà bene allora che dalle parti di Paolo Frattura, il prossimo giugno, più che a un santo si rivolgano all’esorcista. Non ci stupiremmo infatti, che in calce ai ricorsi, accanto alla firma dei cittadini elettori, ci sia anche un nome che mette i brividi: Regan. Quello della protagonista dodicenne della mitica pellicola firmata da William Friedkin nel lontano 1973. Temiamo che quarant’anni dopo averlo visto al cinema, al neogovernatore toccherà consultare l’elenco telefonico, scorrerlo e concentrare la sua ricerca alla lettera “emme”. Emme come Merrin. Padre Lankaster Merrin, appunto, l’esorcista a cui tocco ingaggiare una furibonda lotta col demone Pazuzu. Più che un esperto di diritto amministrativo, vale ripeterlo, qui occorre uno scacciadiavoli; non ce ne voglia l’ottimo Salvatore Di Pardo, avvocato che segue passo passo Frattura, ma questa volta invece che alla toga dovrà ricorrere alla tonaca quando si presenterà prima al Tar e successivamente al Consiglio di Stato. Perché così andrà: a giugno davanti al Tar e in ottobre al Consiglio di Stato. Aspettando febbraio per rivotare, se si rivoterà.
Fuor di metafora, è evidente che ci stiamo incamminando verso un binario che porterà questa Regione dritta all’Inferno, ad ardere viva nel fuoco della Geenna. Ora, visto come stanno le cose, cioè malissimo, questo non sarebbe poi un fatto drammatico: un bel falò e festa finita con questo quadrato d’Italia che da troppo tempo s’atteggia come uno Stato e s’aggiusta come una masseria. Si fa un gran parlare d’autonomia, ma qui non hanno ancora capito che se il fuoco non lo attizza satanasso, prima o poi lo appicca qualche occhiuto burocrate romano, pronto a decretare la fine del Molise per insussistenza di prove. Di questo passo, infatti, mancheranno i riscontri oggettivi per continuare a chiamarci Regione. Lasciamo perdere popolazione ed estensione territoriale, che già basterebbero a degradarci non ad un quartiere di Roma, ma ad un set di Cinecittà (drammatico o comico è da vedere); qui quello su cui tocca ragionare è il senso delle istituzioni, un ingrediente del quale allo stato dell’arte pare siamo totalmente sprovvisti. Abbiamo assistito in questi giorni a commenti, soliloqui e sproloqui sul rispetto delle regole e ci siamo dimenticati che la prima regola in assoluto è rispettare la volontà degli elettori. Chi dice il contrario, con trentaseimila voti di scarto tra Frattura e Iorio, ciurla nel manico, tenta la via di un golpe da scartoffie per ribaltare un risultato certissimo, netto, lampante ed inequivocabile. Tutt’altra cosa rispetto al passato, quando proprio l’esiguità del distacco obbligava al ricorso e conferiva al medesimo dignità e moralità politica. Qui, per il momento, per come stanno le cose, siamo fermi alla dignità e moralità giuridica che vanno bene per i tribunali ma non bastano per governare una Regione.