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martedì, Novembre 26, 2024

Termoli Jet: la nave resta a galla, affonda il processo

AperturaTermoli Jet: la nave resta a galla, affonda il processo

di PASQUALE DI BELLO

Falsa partenza per il processo Termoli Jet. Dichiarato nullo il decreto del Gup che ha disposto il giudizio. Tutto da rifare, quindi. Al Gup toccherà di scrivere nuovamente il provvedimento e notificarlo ai nove indagati per truffa aggravata ai danni dello Stato. Sulla vicenda pende la spada della prescrizione che potrebbe vanificare gli sforzi della Procura e del Pm Papa che ha condotto le indagini. Coinvolti nella vicenda molti politici: Iorio, Vitagliano, Chieffo, De Matteis, Di Sandro, Picciano.

Tutto da rifare. Si ferma, appena partito, il processo Termoli Jet. Nullo il decreto che ha disposto il giudizio e trasmissione degli atti al Gup. Questa la motivazione letta intorno alle due e mezza del pomeriggio dal giudice Scarlato al termine di una lunghissima mattinata dedicata al catamarano dell’amore, a quello scafo destinato a collegare il Molise con la Croazia e ancorato da anni alla fonda nel porto di Termoli. Otto milioni di euro letteralmente buttati a mare dalla Regione Molise.

Gli imputati, nove tra politici (Iorio, Vitagliano, Chieffo, De Matteis, Di Sandro, Picciano), imprenditori e dirigenti regionali, sono tutti accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo la Procura di Campobasso, rappresentata dal Pm Fabio Papa, avrebbero utilizzato artifizi e raggiri a proprio vantaggio e a danno dello Stato utilizzando impropriamente i fondi stanziati (ex art. 15) per il rilancio produttivo della Regione dopo gli eventi calamitosi (terremoto e alluvione) dell’autunno-inverno 2002/2003.

Nel corso dell’udienza preliminare dello scorso febbraio, il Gup Elena Quaranta aveva dichiarato prescritti i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio, lasciando in piedi, tra quelli individuati dalla Procura, il solo reato di truffa aggravata. Tuttavia, a parere del giudice Scarlato, la traduzione documentale di questo semplicissimo ragionamento è avvenuta in modo poco chiaro e intellegibile. La redazione del decreto che dispone il giudizio, cioè dell’atto col quale formalmente vengono portati a processo gli imputati, è risultata imprecisa e lacunosa tanto da essere priva di elementi fondamentali per l’esatta individuazione dell’accusa mossa alle otto persone coinvolte. In pratica, secondo il ragionamento fatto dai difensori e condiviso dal giudice, non sarebbe chiaro di cosa siano accusati gli imputati e, di conseguenza, da cosa debbano difendersi. Un vulnus, quindi, per un pieno esercizio del diritto di difesa. Di parere contrario, rispetto a questa lettura dei fatti, sia il Pm Papa (che nel formulare i capi di imputazione era stato preciso e rigoroso) che l’avvocato del Codacons (che era stato ammesso alla costituzione di parte civile), Fabio del Vecchio. A onor di cronaca va anche detto che il Pm Papa, diligentemente, aveva provveduto a trascrivere in bella copia l’imputazione così come uscita depurata dalla declaratoria di prescrizione disposta in udienza preliminare. Ma non è servito a nulla: la legge è uguale per tutti (come recita in aula una luttuosa scritta nera messa sopra al crocifisso) e la prescrizione pure.

Il pericolo ora è proprio questo. Fatti i conti da quelli che in questo caso li sanno fare (cioè dagli avvocati), il reato di truffa è destinato a prescriversi il prossimo ottobre. Ciò vuol dire che il processo, allo stato dell’arte, è morto nella culla. L’impressione che ne abbiamo, seguendo da anni questa vicenda, è che mentre la nave resta a galla, quello che rischia di affondare è la Giustizia. I molisani vogliono sapere, e probabilmente non lo sapranno mai, se la classe politica (cioè la parte qui coinvolta) che per anni ci ha governato ha usato diligentemente o meno i quattrini pubblici, se li ha spesi propriamente o impropriamente. Il trappolone della prescrizione è lì, appeso come una spada pronta a trafiggere più che ad amministrare la Giustizia.

Tuttavia c’è un modo, uno solo, per restituire un minimo di credibilità alla classe politica appena licenziata dagli elettori: rinunciare alla prescrizione, farselo questo processo e (cosa che auguriamo a tutti gli imputati) uscirne puliti. Ma queste sono cose dell’altro mondo e noi viviamo in Italia dove la prescrizione non è un tempo che fa venir meno l’interesse pubblico all’accertamento di un fatto; in Italia la prescrizione è un tempo per fare fessa la Giustizia. Di questa cosa, dopo una mattinata in Tribunale, ne abbiamo una convinzione granitica.

 

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