22 C
Campobasso
domenica, Settembre 8, 2024

Le spese dei gruppi regionali e la sindrome di Maria Antonietta

AperturaLe spese dei gruppi regionali e la sindrome di Maria Antonietta

di MANUELA PETESCIA

Infuria la polemica per le spese dei gruppi regionali, e in un clima di crescente ostilità verso la classe politica è facile che le giuste richieste di trasparenza, nella amministrazione del pubblico denaro, si confondano con il populismo e la demagogia. Allora, prima di trinciare giudizi sommari, è bene cercare di capire come stanno realmente le cose. 

Scandalo dopo scandalo, inchiesta dopo inchiesta, dal Lazio alla Lombardia, dalla Sicilia all’Emilia Romagna, è esploso anche nel Molise il caso dei fondi destinati ai gruppi consiliari della Regione.
E allora vale forse la pena cercare di capire come si è arrivati a questa situazione.

I fondi destinati ai gruppi consiliari – innanzitutto – hanno un titolo, “spese per il personale e per il funzionamento del gruppo”, e per un lunghissimo periodo non se ne chiedeva nemmeno la rendicontazione, se non sommaria e approssimativa.
In genere, alla vaghezza o all’eccesso di discrezionalità di una legge, nel settore della spesa pubblica, si sopperisce con l’onestà e il buon senso di chi amministra, in questo caso i capigruppo.
Proviamo a fare un esempio che può essere simbolico: l’acquisto di un televisore non è scandaloso di per sé, ma dipende dalla sua destinazione.
Se il televisore è a disposizione di tutti, collocato in bella vista nei locali della Regione, è un conto; se invece è finito a casa del politico di turno, con i soldi nostri, è un altro.
Sembrano affermazioni ovvie, scontate, eppure in questi giorni di esasperazione popolare (in cui le aspettative di trasparenza nell’uso del denaro pubblico spesso si confondono con il giustizialismo e la caccia alle streghe), viene facile mettere tutti i politici sullo stesso piano.

Tutti Lusi, tutti Belsito, fra diamanti, Suv e ville al Circeo, all’insegna della truffa, dell’appropriazione indebita e del peculato.
Non è così, e per quanto impopolare possa apparire, la riflessione giusta, pacata, serena, dovrebbe partire da una prospettiva diversa.

Premesso che esisteva ed esiste un capitolo di spesa a disposizione di ogni singolo gruppo consiliare, per il quale solo negli ultimi mesi si chiede un rendiconto dettagliato, come sono stati gestiti quei fondi?

La destinazione d’uso dovrebbe essere un primo spartiacque tra il lecito e l’illecito:  il primo criterio di valutazione di scontrini e fatture.

E la quantità di denaro – si tratti di 20 centesimi o di diecimila euro – non è una discriminante oggettiva.

Se il capogruppo ha offerto un caffè all’ambasciatore egiziano e lo ha pagato con quel capitolo di spesa, gli si può contestare la taccagneria ai limiti del ridicolo e, lasciatecelo dire, del ribrezzo (considerato il suo lauto stipendio mensile ), ma non gli si può contestare la disonestà.
Se invece ha ordinato il pieno di benzina per mogli, figli e amici avrà frodato lo Stato e i cittadini.
Se 800 euro al mese sono serviti per dare lavoro a un portaborse disoccupato è un discorso, casomai di scelta e di competenze; se 800 euro al mese sono semplicemente confluiti con bonifico bancario sul conto corrente personale del capogruppo, in aggiunta ai suoi diecimila euro mensili, il discorso cambia.
E sarà questo con molta probabilità il rompicapo della magistratura nei prossimi giorni. La fattura al ristorante di lusso non implica l’arresto o l’incriminazione automatica di qualcuno, ma impone la ricostruzione dettagliata di chi ha banchettato quel giorno e con quale motivazione.
Non tutti ladri dunque, non tutti disonesti.

E accertare come siano andate realmente le cose – prima di trinciare giudizi sommari – è giusto e doveroso. Anche se, probabilmente, non frenerà il senso di beffa, di frustrazione e di nausea che si diffonde fra chi ha perso il lavoro, chi non lo ha mai trovato (o di chi non sa come tirare avanti), e per contro assiste alla dolce vita degli amministratori molisani, che ai loro occhi sembrano abitare un altro mondo, estraneo alla dura realtà quotidiana.

Un po’ come la regina Maria Antonietta, che secondo la leggenda consigliava al popolo di mangiare brioches, se non aveva il pane, prima di finire sulla ghigliottina, tra le acclamazioni e i festeggiamenti dei cittadini che lei stessa, frivola, irresponsabile e dissipatrice, aveva contribuito ad affamare.

Ultime Notizie