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domenica, Dicembre 22, 2024

Zanzare, afa e Cristiano Di Pietro. L’estate torrida e nociva di Paolo Frattura

AperturaZanzare, afa e Cristiano Di Pietro. L'estate torrida e nociva di Paolo Frattura

di PASQUALE DI BELLO

Continua la sequela di dichiarazioni e la loquela senza freno di Cristiano Di Pietro, il figliol prodigo dell’Italia dei Valori recentemente tornato alla casa madre. Questa volta, il montenerese, affida le proprie dichiarazioni a Facebook e, per l’ennesima volta, mette in imbarazzo Frattura. Di Pietro tratteggia un presidente ostaggio di “potentati di maggioranza”, affermazione che il presidente della Regione respinge nella maniera più netta. Ma non basta, Di Pietro si avventura anche sul terreno dell’editoria e dell’informazione e, anche in questo caso, la figuraccia è dietro l’angolo.

Come tutti, o quasi, immaginiamo che anche il presidente Frattura soffra in questi giorni la morsa dell’afa e le punture delle zanzare. Lo immaginiamo alla sera, quando ormai la giornata è terminata, seduto anche lui davanti l’uscio di casa, coll’orzata tra le mani e lo zampirone acceso sulla finestra. Insomma, lo vediamo intento a combattere la calura e gli insetti, armato di giaccio e Flit. E qui la questione dovrebbe terminare, essendo egli, al di là del ruolo pubblico, un cristiano come tutti gli altri, afflitto dai medesimi fastidi che affliggono ogni cristiano in estate. Tuttavia, ci assicura chi lo ha visto di recente, pare che in queste sere gli stia accadendo qualcosa di strano. Un fastidio supplementare. Improvvisamente, come punto da un misterioso insetto, gli capita di alzarsi dalla sedia di saggina sulla quale riposa, mollare l’orzata, lasciar cadere la pompetta del flit, e gridare: “sciò, sciò, sciò …”, esattamente come se rincorresse delle galline immaginarie che gli si parano tra i piedi. E’ in quei momenti, dicono i medici che lo hanno visitato, che egli, a differenza di tutti gli altri cristiani, comincia a udire il parlottare a scoppio e detonazione di un altro cristiano, che sente ma non vede. E’ Cristiano Di Pietro che, ogni sera che Dio manda in terra, non perde occasione per mettere il suo carico da undici sulla disperazione che a Frattura causano la temperatura torrida e le punture di tafani e mosquito.

Prendete ad esempio l’altro giorno, quando a Frattura sono giunte alle orecchie le parole che Di Pietro junior ha scritto sulla bacheca Facebook della consigliera regionale del’Udeur, Nunzia Lattanzio: “La tua nota è condivisibile e trovo giusto che l’Art. 7 sia rendicontabile. Per quanto attiene le modifiche dello statuto vorrei salvare la figura del Presidente Frattura vittima di pressioni di alcuni potentati di maggioranza. Noi dell’IDV siamo per le dimissioni degli assessori altre forme non ci interessano”. Di Pietro, nel caso di specie, fa riferimento ad un intervento molto critico formulato da Lattanzio sul social network e avente ad oggetto due temi: la norma “portaborse”, ovvero l’articolo 7 della legge finanziaria 2002, per la quale Lattanzio invoca l’obbligo di rendicontazione (non sarebbe meglio l’abolizione, consigliera?), e il disegno di legge Frattura – Niro che, attraverso una modifica statutaria, consentirebbe di risolvere la vexata quaestio del quinto assessore.

Senza entrare nel merito delle due questioni (sarebbe troppo lungo e non è questo il tema che qui vogliamo trattare), vorremmo sottolineare l’inquietante affermazione fatta da Di Pietro, secondo la quale Frattura sarebbe “vittima di pressioni di alcuni potentati di maggioranza”. Di Pietro, fuori i nomi! Bisogna smetterla con questo teatrino generico e con queste accuse da avanspettacolo, soprattutto alla luce della smentita fatta da Frattura che, senza tanti giri di parole, non solo ha detto che quell’affermazione di Di Pietro non è vera ma, ha aggiunto, che non esiterebbe un solo attimo a dimettersi qualora si accorgesse di essere vittima di fantomatici potentati.

Di questa affermazione, totalmente destituita di fondamento (a sentire Frattura), Di Pietro dovrebbe dar conto ai propri elettori (e ai molisani in genere), a coloro i quali gli hanno conferito il mandato da consigliere regionale e che, qualora ne venisse meno la fiducia, rimetterebbero il montenerese a bordo di quella volante della polizia dalla quale egli è sceso per trasferirsi a Palazzo Moffa. Dice infatti lo stesso Di Pietro: “Per 20 anni ho fatto il poliziotto e ora il consigliere regionale. Quando non avrò più la fiducia dei miei elettori ritornerò sulla volante”.

Ma andiamo oltre. Riportiamo, testualmente, sempre dalla conversazione con Nunzia Lattanzio: “La manifestazione di ieri (il riferimento è alla manifestazione dei 5 Stelle sui costi della casta, ndr) è stata il culmine di fesserie messe in giro ad arte da una certa stampa che è preoccupata dal nuovo modo di lavorare di questa maggioranza, mi riferisco alla legge che dobbiamo approvare in consiglio sull’editoria, che sarà equa e giusta senza figli e figliastri. Pensiamo al nostro lavoro e a svolgere bene il compito assegnatoci dagli elettori possiamo farcela possiamo salvare il Molise. Le spicciole ironie le abbiamo lette, le leggiamo e continueremo a leggerle”. Anche qui, Di Pietro: fuori i nomi e, soprattutto, fuori le carte. Ci dica che stampa è quella che lui chiama “certa stampa”, faccia i nomi di testate e giornalisti anziché sparare genericamente nel mucchio; e poi, sul tema dei costi della casta, lo dimostri carte alla mano che quelle “messe in giro ad arte” sono, come le definisce lui “fesserie”. Parlando dei fatti di casa nostra, lo ripetiamo, in particolar modo per quelli duri di comprendonio: Telemolise e il Giornale del Molise, hanno parlato con i numeri alla mano (e rimandiamo per questo a servizi e articoli disponibili in archivio). Se a Di Pietro risultano cose diverse, le dimostri. Altrimenti taccia. Eviterebbe così di collezionare un rosario di brutte figure lui e, principalmente, solleverebbe Frattura da doversi difendere ogni sera dall’afa, dalle zanzare e dalle sciocchezze.

 

Poscritto. Vogliamo prendere alla lettera quello che Di Pietro dice a proposito della legge sull’editoria, uccello mitologico, araba fenice che, a differenza di tutte le arabe fenici, in questo caso non rinascerebbe dalle proprie ceneri ma dalla monnezza. Perché quella attuale, di legge sull’editoria, così com’è è spazzatura allo stato puro. A noi una legge “equa e giusta” va più che bene, perché equo e giusto, nel nostro vocabolario, non significa dare un tanto a ciascuno come certe teorie ad minchiam vorrebbero, ma significa dare a ciascuno in ragione e proporzione di regole e parametri oggettivi (contratti giornalistici, regolarità contributiva, diffusione, audience, tecnologia, piani editoriali e industriali). Ogni altra legge, che non ancori a parametri oggettivi il sostegno pubblico, equivarrebbe a sostenere illegalità e banditismo, due malattie di ritorno, come il colera, che da anni uccidono l’editoria molisana, i giornalisti e gli imprenditori. Quando vorrà – magari in un dibattito pubblico – sarebbe interessante dibattere con Di Pietro su questi temi. E poi un’ultima cosa: stia sereno, nessuno è preoccupato dal “modo di lavorare di questa maggioranza”. Nel caso specifico, quello dell’editoria, semmai siamo preoccupati del contrario: dal modo di scioperare di questa maggioranza.

 

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