Con la pubblicazione sul bollettino ufficiale delle delibere 88 e 89 dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che ne stabiliscono l’entità, appare evidente l’accordo tra maggioranza e opposizione per continuare a garantire alla casta privilegi, prebende e indennità da capogiro.
Più ci addentriamo in questa vicenda del fantasmagorico taglio alle spese disposto dalla leggere regionale 10/2013, e più ci rendiamo conto che il nostro, quello del Molise, non è una Consiglio regionale ma un vero e proprio porto delle nebbie. Un’ansa all’interno della quale si addensano cortine fumogene talmente spesse che andrebbero segate e prese a picconate per vedere l’ombra di qualcosa. Ma non basta perché, pur dotati di motosega e picco, il rischio di girare a vuoto come una delle tante lune di Saturno è un fatto più che probabile. Saltato il Consiglio andrebbe superato l’esame con l’Ufficio di Presidenza del medesimo. E se il primo lo era delle nebbie, questo, il secondo, è anch’esso un porto, ma delle seppie.
Per spiegarci prendiamo ad esempio proprio la vicenda dei costi della politica e del loro contenimento. Il porto delle nebbie, cioè il Consiglio, nel licenziare la legge 10/2013 ha sostanzialmente rimesso e demandato ogni decisione nel merito al porto delle seppie, cioè all’Ufficio di Presidenza che ha provveduto, lo scorso 30 luglio, con le delibere 88 e 89, pubblicate e disponibili sul Bollettino ufficiale della Regione Molise (n. 23 del 18 agosto 2013). Ebbene, in questo leggendario Ufficio di Presidenza che di certo resterà nella Storia per la volontà granitica che in esso si è espressa, le bordate di inchiostro non si sono fatte certo attendere, giungendo copiose e a fiotti. Prendete ad esempio quelle sparate da Filippo Monaco (Costruire democrazia) e Giuseppe Sabusco (Udc), detto Pippo. I due, a tutti gli effetti, militano tra le file dell’opposizione ma vanno perfettamente d’accordo con la maggioranza. Insomma, sono di quelli che fanno coccodè alla sera e coccodì al mattino.
Vediamo di spiegarci. L’Ufficio di Presidenza della Regione Molise, che ha determinato le indennità, i rimborsi spesa ed altri privilegi per consiglieri e Gruppi politici, è così composto: Vincenzo Niro (Udeur), presidente del Consiglio; Filippo Monaco (Costruire democrazia) e Cristiano Di Pietro (Italia dei valori), vicepresidenti; Domenico Di Nunzio (Pd) e Giuseppe Sabusco (Udc), segretari. Cinque persone, come d’evidenza, che rappresentano maggioranza e opposizione anche se, su Monaco, ci sarebbe qualche obiezione da fare visto che nell’Ufficio di Presidenza c’è entrato con i voti della maggioranza. Ebbene, i due, Monaco e Sabusco, hanno perso un’ottima occasione per segnare un distinguo e assumere un vero comportamento da oppositori. Nel corso dell’Ufficio di Presidenza che ha determinato indennità e compensi avrebbero dovuto alzare le barricate, invece all’unanimità hanno votato anch’essi e diligentemente quella misura che viene rivenduta ai molisani come un contenimento di spesa e che invece, ancora una volta e alla faccia di tutti, riafferma in termini inequivocabili un vergognoso privilegio di casta che va visto in termini assoluti e non certo relativi come, per gabellarci, lorsignori vorrebbero fare. Che senso ha, infatti, dire: siamo stati sotto i limiti previsti dal decreto Monti? E’ una minchioneria priva di alcun effetto e costrutto sapere che dai 13mila e 800 euro per i due presidenti (Consiglio e Giunta) e i 10mila e 800 per i soldati semplici (nel mezzo ci sono gli altri con altre indennità più cospicue) si è passati a 13mila e 500 e 10mila e 500. Ciò che urla vendetta è l’entità assoluta del compenso, esorbitante rispetto ai tempi che corrono ed ai sacrifici che da Roma a Campobasso vengono imposti ai cittadini. Per non dire di come poi la misura si colmi nell’aggiungere a questi numeri altri 2451 euro non rendicontabili ed esentasse dovuti in base all’art. 7 della finanziaria regionale 2002, l’adeguamento delle indennità (sic!) all’indice Istat sul costo della vita e, dulcis in fundo, il rimborso spese chilometrico per raggiungere il capoluogo di regione.
Ecco, all’interno di questo micidiale ed indigesto piatto di soldi, quello che fa più ribrezzo che orrore è l’assoluta mancanza dell’opposizione ed il disvelarsi di una classe politica identica a se stessa, tanto a destra quanto a sinistra. Quando si tratta di quattrini, la notte fa tutti i gatti bigi anzi, vista l’entità del malloppo, quelli che la notte dipinge di grigio sono più Aristogatti che semplici felini. Nessuna voce fuori dal coro, tutti, maggioranza e opposizione, cantano senza stecche la stessa canzone.
Poscritto. Vi chiederete, correttamente, come mai tra l’opposizione non abbiamo messo il Movimento 5 Stelle. Lo confessiamo, non ce la siamo sentita di mescolare Federico e Manzo in questo pappone indistinto. Loro sono opposizione alla luce del sole, noi invece abbiamo scritto di un’opposizione tartufesca e catacombale, abituata a crescere sottoterra, come le patate.