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sabato, Settembre 21, 2024

Caso Di Paolo, i retroscena del “delitto” nelle motivazioni della sentenza della Corte di Appello di Campobasso – prima parte

EvidenzaCaso Di Paolo, i retroscena del “delitto” nelle motivazioni della sentenza della Corte di Appello di Campobasso – prima parte

Michele Mignogna

Anche la Corte di Appello di Campobasso ha confermato la sentenza di primo grado per il caso di Nicola Di Paolo, giovane muratore larinese scomparso ormai da sei anni, e che ha portato sul banco degli imputati la moglie, Anna Vincelli e il suo amante Domenico Ciarlitto, ausiliario all’ospedale frentano. È bene ricordare anche che alla Vincelli sono stati comminati quattordici anni di carcere e uno al Ciarlitto, ed entrambi hanno fatto ricorso in Cassazione. La Corte di Appello però ha sviscerato e se vogliamo, meglio specificato situazioni e incongruenze che la storia porta con sé, una storia difficile per la parti in causa e per le persone che coinvolge. Coinvolge innanzitutto una giovane famiglia, quella del Di Paolo, con due figlie giovanissime e la moglie anche lei giovane, coinvolge e sconvolge la famiglia di Nicola, gli anziani genitori che da sei anni chiedono, anzi implorano che qualcuno faccia ritrovare il cadavere del figlio per dargli una degna sepoltura e come spesso ripete Raffaele, il papà di Nicola “per potergli portare un fiore”, sconvolge la madre di Nicola, affezionata a quel figlio che le dava anche molti pensieri, in gioventù come a famiglia fatta, sconvolge i fratelli, dall’inizio impegnati, in una serie di investigazioni parallele, ma che ben pochi risultati hanno portato. Insomma è una brutta storia quella che le due sentenze definiscono come “omicidio” avvenuto in una cittadina della provincia italiana e che inevitabilmente coinvolge tutti.

 

La lunga notte dei telefoni bollenti

La storia della scomparsa di Nicola Di Paolo si svolge tutto in una notte, una lunga notte dove i due amanti hanno intrattenuto conversazioni telefoniche infinite, e bugie, accertate nei due gradi di giudizio, ma anche dalle testimonianze date durante il processo da testimoni ritenuti tutti “attendibili”, ma andiamo con ordine. La sera del 20 luglio del 2007, una sera d’estate caldissima e, come succede in provincia, monotona, in strada non c’è nessuno, balconi e finestre sono aperti per far entrare quel po’ di frescura che la serata estiva può offrire. Nicola è sposato da anni con Anna Vincelli, una storia la loro, costellata di difficoltà economiche, litigi, allontanamenti affettivi, riavvicinamenti. Insomma una vita matrimoniale non semplice, il muratore larinese quella sera si reca con la moglie in un appartamento ereditato dalla datrice di lavoro della stessa, un bell’appartamento in pieno centro a pochi passi dall’Ospedale e dal Tribunale, una svolta, la ritiene l’operaio, che gli fa anche esclamare, “finalmente possiamo fare una vacanza”, perché insieme all’appartamento la moglie eredita anche una somma in denaro a loro disposizione. Uno che pensa ad una vacanza con moglie e figlie, può allo stesso tempo pensare di sparire dalla circolazione senza lasciare tracce? Solo che non sa, o forse sa e non lo dice, che la moglie nel frattempo ha conosciuto un inserviente dell’Ospedale di Larino, con il quale inizia una storia clandestina, i due sono talmente vicini che soprattutto le amiche della Vincelli ne sono a conoscenza. Per questo, come vedremo in seguito, il marito, Nicola Di Paolo, a un certo punto diventa un ostacolo, il padre delle figlie della Vincelli, non ha più posto nella sua vita. La Vincelli nella sua deposizione dichiara di essere arrivata insieme al marito nella casa di via Mazzini intorno alle 22 – 22 e 30, “abbiamo guardato per un po’ la televisione, poi ho fatto un caffè, e abbiamo armeggiato con un vecchio stereo, nella speranza che tornasse a funzionare”, e questo è vero perché uno dei testimoni chiave, che abita proprio di fronte alle finestre dell’appartamento della coppia, conferma tutto, e conferma anche la musica che per un po’ è uscita dallo stereo, poi, sempre il testimone riferisce che a un certo punto, ha visto abbassarsi contemporaneamente le tapparelle di due finestre, un segnale interpretato dagli inquirenti come la ricerca di un momento di intimità tra i due, da quel momento la storia prende una piega strana, drammatica e che porta alla sparizione di Nicola, da allora Nicola non fa più ritorno a casa ma soprattutto nessuno l’ha più visto. La Vincelli dicevamo, dichiara che alle dieci e trenta di sera, circa, arrivano in questo appartamento ricevuto in eredità, e dopo aver fatto tutto ciò descritto, il marito, Nicola, riceve una telefonata, e lei sente il marito dire, “arrivo subito”, riaggancia e dice alla moglie che deve uscire, e che se vuole può aspettarlo lì oppure tornarsene a casa, dove abitavano ancora, cioè l’alloggio popolare in via San Michele, esce e sparisce secondo il racconto della moglie. Anche qui i dubbi degli inquirenti si fanno più pressanti, infatti, dalle indagini si è risaliti al luogo della telefonata, fatta da una cabina telefonica nei pressi dell’abitazione dei due, secondo gli inquirenti, in quel momento il Di Paolo era già nelle condizioni di non nuocere, e sempre secondo gli inquirenti, la telefonata è servita da depistaggio alle ipotesi poi appurate dell’omicidio, reato per cui le due corti hanno condannato la Vincelli, e a farla potrebbe essere stato il Ciarlitto, a quell’ora a Larino, ma siccome lui non era a conoscenza del numero del Di Paolo, a dettarglielo in “diretta” è stata proprio lei. Qui hanno inizio i primi dubbi che vanno comunque analizzati. La Vincelli dichiara agli inquirenti di essere rimasta ancora un po’ nell’appartamento per poi tornarsene a casa, dove si è messa a dormire sul balcone, fino al mattino successivo, quando ha visto che Nicola non era tornato a casa, esce va a casa del suocero e non dice nulla della scomparsa del figlio, solo la sera di quel giorno, il giorno successivo alla scomparsa, la Vincelli informa il suocero e la suocera che Nicola ormai non rientrava a casa da 24 ore, in quel momento la situazione precipita, è il suocero infatti a far pressione sulla Vincelli affinchè denunci la scomparsa ai carabinieri di Larino, e addirittura chiama a casa tutti i figli, per capire come muoversi, ma soprattutto capire cosa sia successo a Nicola e perché non tornava a casa. Qualcosa non torna nel racconto della Vincelli, come mai non avvisa subito la famiglia di Nicola e i carabinieri che il marito non era tornato a casa? Eppure Nicola non aveva il vizio di allontanarsi da casa, e non poteva averlo, visto e considerato che è stato definito dalla moglie come un marito, e un padre, geloso e possessivo, anzi, in quella casa c’erano degli orari da rispettare da parte della moglie e delle figlie, questa storia dunque non regge, ma vi è di più, dai tabulati telefonici gli inquirenti scoprono che la Vincelli e il Ciarlitto quella notte avevano parlato per un tempo infinito, e che c’era stato un enorme scambio di messaggi, ma come la Vincelli non aveva dichiarato di essersi addormentata sul balcone di casa? Le telefonate hanno inizio alle 16 e 15 del 20 luglio, giorno della scomparsa di Nicola, la prima telefonata dura 16 minuti, alla quale seguono 15 messaggi tra le 17 e 59 e le 22 e 31, alle 22 e 31 venne registrata una telefonata tra i due, partita dall’utenza della Vincelli, e a quell’ora la stessa dichiara che si trovava con il marito nell’appartamento in via Mazzini. Ora è vero che due amanti, trovano comunque il modo di telefonarsi o scambiarsi messaggi, in questo caso, sappiamo della gelosia di Nicola, e soprattutto, stando alle testimonianze i due dovevano trovarsi in una situazione di intimità, o meglio, è quello che possiamo immaginare, visto e considerato che erano soli, erano in un periodo di pace almeno apparente, insomma, nonostante a quell’ora lei dichiara di essere con il marito continua a scambiarsi telefonate e messaggi con l’amante, che in quel momento si trova a Fossalto, comune di residenza del Ciarlitto, come molti testimoni affermano, ma torniamo al Larino.

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