di PASQUALE DI BELLO
Approvato con i voti del centrosinistra un ordine del giorno presentato dal Movimento 5 Stelle col quale si impegna la Regione a costituirsi parte civile nel processo “Termoli Jet” al via il prossimo 27 settembre. L’opposizione rinuncia a difendere il vecchio governo regionale e, per protesta, abbandona l’aula commettendo un clamoroso autogol.
E’ prevista per il prossimo venerdì, 27 settembre, la prima udienza del processo Termoli Jet. Nei giorni successivi – e comunque entro ottobre – per il medesimo procedimento è previsto il decesso. Tecnicamente si chiama prescrizione, di fatto significa tomba. Finirà così, come una bolla di sapone che esplode nello spazio cosmico o, se preferite, con una pesante lastra di marmo calata a sigillo eterno, quella che insieme alla famigerata patata turchesca è l’immagine simbolo dei dodici anni trascorsi da Michele Iorio alla guida della Regione Molise. Semmai Iorio ne avesse auto uno di simbolo – come il Papa o il Re – questo di certo sarebbe stato ornato da due immagini: la patata e la nave. E qui, con l’araldica, possiamo anche fermarci, perché non è di Iorio che vogliamo parlare. Di lui, qui, va semplicemente aggiunto che nel processo in partenza è imputato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Insieme a lui, gli ex assessori regionali: Antonio Chieffo, Rosario De Matteis, Michele Picciano e Filoteo Di Sandro; dello stesso reato dovranno rispondere gli imprenditori Giuseppe e Paolo Larivera e il funzionario regionale Domenico Pollice. Stralciata al momento, per un difetto di notifica, la posizione di Gianfranco Vitagliano la cui vicenda processuale deve essere ancora definita.
Quello di cui vogliamo scrivere, invece, è del casuale “asse” Frattura-5 Stelle e della assoluta evanescenza del centrodestra in Consiglio regionale. Ma andiamo per gradi. Nella scorsa seduta del Consiglio, i due rappresentanti del Movimento 5 Stelle, Antonio Federico e Patrizia Manzo, presentarono e ritirarono (un po’ perché infinocchiati e un po’ per inesperienza) un ordine del giorno che impegnava il presidente Frattura a costituirsi, in nome e per conto della Regione, parte civile nel processo Termoli Jet. In quella circostanza l’ordine del giorno fu ritirato poiché ai pentastellati era parso chiaro che la Regione si sarebbe costituita e, dopo le dichiarazioni in tal senso di Frattura, fecero macchina indietro ritenendosi soddisfatti. Fu un errore, apprezzabile anche sul volto del governatore, visibilmente sorpreso dalla retromarcia dei 5 Stelle. Niente di irreparabile, tuttavia: Federico e Manzo c’hanno riprovato di nuovo, e con successo, nel corso della ultima seduta dell’assise di Palazzo Moffa.
Perché lo hanno fatto e, soprattutto, perché a Frattura e ai suoi (non tutti, in realtà) stava a cuore la vicenda? Non certo per il processo in sé o per l’eventuale risarcimento danni da introitare (il danno erariale stimato dalla Corte dei Conti è di sei milioni di euro). La faccenda riguardava un altro tipo di giudizio, né penale né civile, bensì politico. Si voleva, cioè, mettere l’opposizione di centrodestra nell’angolo e costringerla ad esprimere un giudizio, un ragionamento, un pensiero o quantomeno un balbettio su una vicenda – lo ripetiamo – simbolo dell’amministrazione Iorio. Il catamarano Termoli Jet fu acquistato con i fondi ex articolo 15 (il programma di ripresa produttiva post sisma e alluvione) per garantire un collegamento di persone e merci tra la sponda adriatica del Molise e la Croazia. Un corridoio commerciale che in sé un senso lo aveva ma che, come tutte le cose molisane, ha finito per perderlo strada facendo. Impicci d’ogni tipo, rilevati già in sede amministrativa (Tar e Consiglio di Stato), in special modo le modalità di scelta del partner privato, fecero naufragare i buoni propositi sino a confinare la nave nel porto di Termoli, alla rada, dove ormai giace, negletta e molla, da tempo immemorabile. In fondo al mare, invece, sono finiti oltre otto milioni di quattrini pubblici.
Il processo, quello vero, quello politico, però non c’è stato, poiché non c’è stato uno straccio d’avvocato dell’opposizione a prendere le difese di Iorio. La minoranza di centrodestra, dopo varie scaramucce, ha deciso di lasciare l’aula, scrivendo un’altra pagina buia di questa minoranza fuomosa (pensate, mentre tutto ciò accadeva, Angela Fusco trovava il tempo di parlare con Cristiano Di Pietro di fumigazione che, se non erriamo, è un metodo per soffocare o avvelenare parassiti e germi). Ci chiediamo, ma è mera accademia del “se e del ma”, cosa sarebbe accaduto se invece in aula ci fosse stato lui, Michele Iorio. Probabilmente, essendo interessato alla questione ed essendo tutto tranne che fesso e sprovveduto, lui si che si sarebbe astenuto dall’intervenire ma, di certo, i suoi accusatori li avrebbe guardati negli occhi. E invece Iorio non c’è ed è chiaro che la sua uscita di scena ha decretato la pena capitale dell’opposizione: la minoranza è vero che sta in Consiglio regionale ma pare che segga sulla sedia elettrica: i consiglieri alla prima scarica o s’alzano e se ne vanno o restano inceneriti.
In conclusione: la Regione si costituirà parte civile, in questo supportata da un ordine del giorno votato congiuntamente da 5 Stelle e centrosinistra, mentre l’opposizione cola a picco: esattamente con il processo, che affonda nonostante l’impegno dell’incolpevole Pm Fabio Papa che ha fatto di tutto per ottenere chiarezza e giustizia.