Le dichiarazioni che si sono susseguite nella maggioranza dopo la proposta di riorganizzazione sanitaria presentata dall’Asrem, evidenziano una crisi politica latente che oggi esplode in tutta la sua evidenza. Il centrosinistra alla guida della Regione, su un tema cruciale come quello della Sanità, appare senza meta e senza costrutto.
Mentre ci accingiamo a scrivere questa nota, sotto il cielo livido di una domenica mattina di gennaio, nell’anno del Signore 2014, l’unica cosa che abbiamo di chiaro è il titolo che daremo al pezzo: “La pagliacciata della staffa”. Pagliacciata, infatti, è l’unico termine che ci sovviene per descrivere l’annosa storia del riordino della Sanità in Molise. Un treno, quello disegnato nel piano recentemente approntato dall’Asrem, dal quale tutti pare vogliano scendere. E’ tutta una corsa al distinguo e alla presa di distanza e non ci stupiremmo, di questo passo, se lo stesso presidente della Regione, Paolo Frattura, dicesse che nemmeno lui è d’accordo, come hanno già fatto sapere l’assessore Scarabeo, il consigliere delegato alla programmazione, Cotugno, e il capogruppo PD in Consiglio regionale e presidente della prima Commissione, Totaro. Questi tre, per limitarci a quelli che ricordiamo a memoria. Tre uomini politici organici alla maggioranza, con ruoli diversificati ma ugualmente significativi, che hanno parlato come se fossero membri non del Consiglio regionale del Molise ma di quello di Saturno o Plutone. Spersi nelle galassie dove l’eco del pianeta Terra giunge ovattato, confuso e lontano.
E allora, senza entrare nel merito della questione Sanità – un ginepraio clientelare pluridecennale senza capo né coda che non sia il moto perpetuo dell’abbuffata degli abbuffini – limitiamoci ad una valutazione di ordine politico. Il primo a parlare, in ordine temporale, è stato l’assessore controcorrente, Massimiliano Scarabeo, una specie di Eddy Merckx specializzato nel campionato del mondo corso alla rovescia: “Sarà Venafro intera a opporre resistenza di fronte a scelte che non guardano al diritto alla salute dei propri cittadini, e quindi è giusto rimarcare che le decisioni che verranno prese, legate al futuro dell’Ospedale Santissimo Rosario, dovranno essere condivise e non imposte”. A ruota è intervenuto Vincenzo Cotugno che voleva dire, col candore di ET, “Telefono, casa”, e invece gli è scappata questa chiosa: “Con sconcerto e vivo stupore apprendo che l’Azienda Sanitaria Regionale del Molise – con un provvedimento adottato alla chetichella – ha definito i contenuti di una radicale e profonda riorganizzazione del personale sanitario regionale (…). Credo che una politica nuova, improntata a criteri di trasparenza ed efficienza, debba evitare provvedimenti da “vigilia di Natale”, che sanno di vecchio”. Francesco Totaro ha invece parlato per ultimo, ma lo ha fatto in gregoriano, da frate Trappista, come tutti quelli del PD; voleva dire, rivolto a Frattura: “Fratello ricordati che devi morire” ma poi ha solfeggiato altre parole: “Il nuovo Piano di riorganizzazione aziendale dell’Asrem è semplicemente un atto prodotto dalla struttura tecnica, mentre le scelte restano in capo alla politica e alla maggioranza di centrosinistra alla guida della Regione, votata nemmeno un anno fa per salvaguardare un sistema sanitario al servizio della popolazione e non dei tavoli tecnici romani”.
Lette queste dichiarazioni, delle due l’una: o Angelo Percopo, Direttore generale dell’Asrem che ha firmato la proposta, ha avuto una sorta di eiaculazione precoce, e proprio non è riuscito a trattenere l’orgasmo da riorganizzazione sanitaria, oppure qui, qualcuno, per restare alla metafora a luci rosse, sta cercando di prendere i molisani per i fondelli. Nel vero senso della parola, cioè di prenderli “da dietro”, se ci capiamo.
Il tema, tutto politico, è molto semplice: esiste una maggioranza? Questa maggioranza si confronta, parla, trae sintesi e fornisce un indirizzo politico alla struttura tecnica? Per spiegarci, proviamo a rimettere insieme il rosario di chiacchiere arrivato dalla maggioranza. Scarabeo sostiene (sic!) che le decisioni devono “essere condivise e non imposte”; Cotugno parla di “un provvedimento adottato alla chetichella” (…) alla viglilia di Natale” (sic! sic!) e Totaro dice che il “Piano di riorganizzazione aziendale dell’Asrem è semplicemente un atto prodotto dalla struttura tecnica” (sic! sic! sic!).
Ora, alla luce di queste parole, pronunciate dai rappresentanti del primo e del secondo azionista della maggioranza Frattura (PD e Rialzati Molise), appaiono evidenti tre strade: o la struttura tecnica – in questo caso l’Asrem – va a trotterello di cane, come dicono a Genova (alludendo ad altro e non al “trotterello”), e quindi procede arbitrariamente, ma allora bisognerebbe capire perché; oppure – peggio – l’Asrem le indicazioni le riceve, se ne frega, e va ugualmente a trotterello di cane; oppure sono lorsignori ad andare a trotterello di cane, cioè senza meta e senza costrutto. Questa, la terza, ci pare l’ipotesi più plausibile a cui, chiaramente, va aggiunto il doveroso corollario, cioè questo: per quale ragione al mondo dovremmo continuare a pagare laute indennità a questa classe politica incapace, inefficiente, autoreferenziale, inconcludente e boriosa? Non vorremmo essere nei panni di Frattura in questo momento, perché o questi tre dichiaratori sono dei rabdomanti della gaffe, oppure qui qualcosa non quadra e siamo all’analfabetismo politico. Ecco, solo adesso, alla fine del pezzo, ci è chiaro il titolo che c’è venuto all’inizio del racconto. Qui siamo difronte ad una carnevalata, ad un pesce d’aprile anticipato a gennaio. A una pagliacciata, l’ultima: quella della staffa. Questa non è una classe politica, questi sono i Simpson in Consiglio regionale, un cartone animato alla guida di una centrale nucleare.