Dalla frittata romana di Rotondi, commissario di Forza Italia per il Molise, alla scelta dell’ex sindaco Di Brino di correre da solo, dalla candidatura di Marone a quella sempiterna di Remo Di Giandomenico, il centrodestra termolese è al “tutti contro tutti”. Una vera e propria corrida politica che rischia di favorire
Se il centrodestra consegnerà la città di Termoli ai concorrenti del centrosinistra o ad altri in corsa per la massima carica a Palazzo di Città, la responsabilità, o meglio la colpa, sarà di uno ed uno solo: Gianfranco Rotondi, un uomo dalla fronte inutilmente spaziosa (come avrebbe detto l’indimenticabile Fortebraccio) a cui Silvio Berlusconi ha assegnato il ruolo di commissario regionale di Forza Italia. Per settimane ha tenuto in canzone l’intera coalizione, alleati e sodali, per arrivare ad una conclusione da vero King Kong della politica nazionale: tutti e tre nomi in corsa per il centrodestra, Di Brino, Colaci e Roberti, sono stati ritenuti egualmente meritevoli di fiducia e pari dignità, tutti abilitati alla corsa come sindaco. Conclusione, se conclusione può chiamarsi questo ragionamento che sta alla logica come un paracarro alla Torre Eiffel, è che Rotondi ha rispedito dopo settimane di andirivieni con la Capitale tutti a Termoli dicendo, sostanzialmente: “Vedetevela voi al tavolo locale”. E così è stato. Il tavolo, che visto lo stato del centrodestra termolese deve essere stato di certo un tavolo da osteria, si è aperto e poi chiuso con l’unica conclusione possibile: dei tre nessuno è passato e la scelta è cascata su un quarto candidato, l’avvocato Michele Marone, persona degnissima e rispettabilissima, che però adesso è finito dritto in mezzo alle mazzate. Sabato mattina si è presentato alla stampa accompagnato da Alberto Montano che a Marone ha fatto un sacco di complimenti ma si capiva che più parlava del neocandidato e più pensava che in fondo, il sindaco, avrebbe voluto farlo lui. Montano, per capirci, era anche lui in corsa sino a qualche giorno fa. Vedremo adesso quali consensi riuscirà a coagulare attorno a se Michele Marone, anche perché la novità del giorno non è stata la sua scelta come candidato ma un’altra.
Di buon mattino, l’ex sindaco Antonio Di Brino, ha fatto sapere che Rotondi o non Rotondi, tavoli e non tavoli, osterie o bettole, lui non ci stava alla soluzione uscita dal cilindro e che quindi avrebbe giocato la partita in proprio come candidato del Nuovo centro destra. Di Brino, che dietro quell’aria tranquilla da tricheco ha dimostrato di avere attributi e mutande di piombo, ha preso una decisione i cui esiti sono imprevedibili: quella di spaccare il fronte dei moderati e giocare la partita della vita. D’altro canto, a Termoli il rischio che ciascun candidato corre è minimo, poiché l’estrema frammentazione delle candidature (che potrebbero divenire complessivamente sei) consente di catapultare ognuno dei concorrenti al ballottaggio con un pugno di voti. Detto questo, il dato politico che rileva è la vera e propria deflagrazione del centrodestra, esplosione a cui ha dato un apporto determinante anche l’ex sindaco e parlamentare Remo Di Giandomenico. Venerdì sera, come fosse il divino Otelma, si è presentato ad una platea giubilante di seguaci, un rave party di adepti osannanti, come nelle migliori chiese e confessioni. Di Giandomenico e sulla scena (se non abbiamo fatto male i conti) dal 1971, un’eternità che quando tra mille anni l’interessato sarà passato a miglior vita, imporrà ai termolesi di contare il tempo non più in avanti e dopo Cristo ma in avanti e dopo Di Giandomenico.
A Termoli siamo alla corrida politica e non lasciamoci ingannare dai tentativi di ricomposizione: sono finti, come le tette di una nota pubblicità di gomma da masticare. Tutti incontrano tutti ma con una mano stringono l’altra e con l’altra ancora stringono una banderilla da piantare sul capocollo dell’avversario.