Intervista senza veli al presidente della Regione Molise, Paolo di Laura Frattura. Dal Lavoro alla Santità, dalle società partecipate ai Trasporti, dal Conflitto d’interessi alle dinamiche interne al Pd, dai rapporti con Renzi a quelli con la coalizione di centrosinistra: viaggio politicamente scorretto in un anno e mezzo di governo regionale.
Al quarto piano di via Genova, sede della Giunta regionale, l’aria è rarefatta. Quasi di plastica, stesa com’è da radiatori che emanano un calore tropicale. L’ufficio del presidente della Regione, preceduto da una sala d’attesa dai divanetti da sprofondamento fantozziano, è in fondo ad un corridoio di stanze tutte uguali. All’ingresso del suo ufficio c’è un orrendo e gigantesco dipinto in stile neoclassico. Lui dice che ce l’ha messo Michele Iorio, suo predecessore, e lui (anche per questo) non ha colpe. Volendo, però, potrebbe gettarlo dalla finestra: non mancherebbe a nessuno, ne siamo certi. Registratore alla mano, Frattura parla per oltre quaranta minuti. Questa è l’intervista integrale.
Presidente, innanzitutto come sta?
Bene, ringraziando Dio
Cominciamo con un voto. Ci avviamo verso la conclusione del secondo anno di mandato. Se dovesse darsi la pagella, che voto ci scriverebbe?
Un sette
I molisani probabilmente la pensano diversamente. Ci sono molte critiche, specialmente su temi quali il lavoro e la sanità. Lei e la coalizione di centrosinistra vi siete candidati criticando ferocemente dodici anni di governo Iorio, promettendo una svolta radicale: l’impressione che si ha è che abbiate fallito e che non ci sia nessuna discontinuità col passato. Qual è la difficoltà maggiore che avete trovato?
La principale difficoltà è stata certamente l’aver trovato poca considerazione da parte della stampa, o di una parte di essa. Oggi poter comunicare al meglio ai cittadini quello che si fa è fondamentale. Forse evitare di accendere polemiche in maniera virulenta ci aiuterebbe a comunicare più serenamente le cose che facciamo.
Detto questo la discontinuità col precedente sistema c’è. Il primo aspetto sul quale ci siamo concentrati è quello di rimettere in ordine i conti della Regione Molise. Quando ci siamo insediati (2013 – ndr), questa Regione non aveva bilanci approvati dal 2011. Il bilancio 2011 era stato bocciato perché la Corte costituzionale aveva rilevato la non tracciabilità di un miliardo e 246 milioni di euro di residui attivi. Li abbiamo ricostruiti e ripuliti di quanto non c’era: circa 60 milioni di euro sono spariti da quella cifra. Abbiamo quindi approvato il bilancio 2011, bilancio che non è stato osservato da nessuno. Il bilancio 2012 era stato bocciato dalla Corte costituzionale perché mancava l’equilibrio tra entrate e uscite. Anche su questo abbiamo lavorato e abbiamo ottenuto il giudizio di parificazione da parte della Corte dei conti e quindi approvato il bilancio 2012. Abbiamo poi ricominciato con la nostra gestione 2013/2014. Abbiamo pagato circa 110 milioni di debiti che abbiamo ereditato. Abbiamo messo mano alla ricostruzione e oggi abbiamo un ritardo che si attesta a tre, massimo quattro mesi di ritardo sui pagamenti dei SAL (stato avanzamento lavori – ndr) alle imprese. E’ vero che c’è stato un fermo di nove mesi ma poi abbiamo pagato i debiti pregressi.
Un tema caldo è quello delle partecipate regionali: Gam, su tutte
In discontinuità col passato, abbiamo avuto il coraggio di dire che la gestione delle partecipate regionali così com’era non poteva più andare. Dovevamo fermare un macello (il riferimento è alla Gam – ndr) e lo abbiamo fatto assumendoci le responsabilità nei confronti dei lavoratori, preoccupandoci prima di metterli in sicurezza per il periodo di fermo impianto e poi di fermare quell’impianto che costava ai cittadini molisani tra i quindici e i venti milioni di euro all’anno. Cifra che avremmo continuato a togliere ad ogni possibilità di sviluppo e rilancio di questa regione. Penso che sia una scelta di responsabilità anche se di impopolarità verso quei lavoratori. Sono però convinto che dopo aver chiuso il macello e dopo aver lavorato ad un piano industriale, la prossima settimana (questa in corso – ndr) penso che saremo in grado di comunicare qualche novità significativa sul rilancio della filiera avicola.
Detto questo, lei conferma il processo di uscita della Regione dalle società partecipate?
L’exit strategy non deve essere solo dichiarata ma deve diventare un’opportunità reale per la Regione di uscire dal capitale delle partecipate e per l’imprenditore di intervenire con un progetto di rilancio che veda la Regione impegnata limitatamente alla quota degli investimenti, finalizzata al mantenimento dei livelli occupazionali. Sullo Zuccherificio, ad esempio, a differenza degli anni passati, pur dovendoci caricare una perdita di bilancio per il 2014, abbiamo socializzato con le altre regioni. Le barbabietole, rispetto agli accordi interprofessionali firmati dal past amministratore, non sono state pagate 45 euro alla tonnellata ma 20, chiedendo una contribuzione anche alle altre regioni, considerando che il Molise partecipa con solo il 5% alla produzione della barbabietola lavorata all’interno dello Zuccherificio. Anche lì ci siamo mossi con un progetto di rilancio che preveda la destagionalizzazione. E’ inaudito avere ottanta persone assunte a tempo indeterminato più diverse centinaia di avventizi immaginando un impianto produttivo che lavora solo due mesi all’anno.
Un altro successo che rivendico e di cui nessuno parla è quello che abbiamo ottenuto mettendo a bando le economie che avevamo ereditato dalla precedente amministrazione. Il fatto di avere oggi quarantadue nuove imprese rispetto ad ogni fallimento significa che le misure incentivanti che abbiamo messo in campo a qualcosa servono. Certo, tanto è autoimpiego: non trovando lavoro il cittadino decide di inventarsi un’attività in proprio. In questo direzione la Regione è stata sensibile nel creare piccoli finanziamenti che possano accompagnare queste attività.
Che tempi però si possono prevedere per la soluzione delle tante questioni aperte e di cui molte strutturali?
Un mandato. Noi abbiamo chiesto la fiducia ai cittadini per un mandato. Riuscire a risolvere tutti i problemi in un mese sarebbe stato straordinario, solo che sarebbe stato poi difficile per gli altri quattro anni e undici mesi. E allora nel mandato, senza fare proclami, senza fare dichiarazioni, senza assumere un atteggiamento presuntuoso, con serenità andiamo avanti quotidianamente. Sanità, partecipate, l’impresa, il mondo agricolo: penso che abbiamo bruciato le risorse in economia ereditate e abbiamo già presentato un PSR (Piano di sviluppo regionale, ndr) che è effettivamente attento alle opportunità di sviluppo di questa regione.
Parliamo di un tema, la Sanità, sul quale continuano le bocciature romane.
Ci siamo assunti la responsabilità di scelte impopolari, ma le scelte sono sempre più impopolari quanto con maggior difficoltà riescono ad essere comunicate. Noi abbiamo detto che non chiudiamo le strutture ma che semmai lavoriamo per la riconversione di alcune di esse per garantire un’offerta sanitaria di qualità. Abbiamo ricevuto bocciature dai tavoli tecnici che si sono succeduti in questo anno e mezzo: se andiamo a considerare le responsabilità che ci vengono addebitate, sono due. La prima è la gestione del passivo, e su questo non voglio fare Ponzio Pilato ma, in tutta onestà, è sufficiente leggere i numeri per rendersi conto che il grosso della questione è costituito dal debito sanitario regionale che vale 151 milioni – soldi che la Regione con la gestione del commissario Iorio ha utilizzato impropriamente visto che erano somme destinate dal servizio sanitario nazionale al servizio sanitario regionale – e 182 milioni che riguardano il disavanzo dal 2012 agli anni precedenti. Quindi noi ci presentiamo con 23 milioni di euro di disavanzo del 2013. Ventitré milioni sono circa il 50% di quanto invece era prodotto dalla precedente amministrazione. Con questi numeri stiamo difendendo le buone pratiche che stiamo mettendo in campo. Altra grossa polemica che si rintraccia sui tavoli tecnici, è la tenuta della governace dell’Azienda sanitaria regionale. Non eravamo e non siamo innamorati di nessuno, però siamo del parere che le norme, le leggi e i contratti vanno rispettati, salvo verificare particolari situazioni di rilevanza che ci mettono nelle condizioni di entrare nel merito del contratto ereditato. Abbiamo assistito ad un contenzioso su tutti i livelli e per tutti i gradi di giudizio, dal Tar al Tribunale del lavoro, addirittura il Tribunale civile, che hanno visto la contrapposizione tra due posizioni: quella dell’ex Direttore generale (Angelo Percopo – ndr) e quella del soggetto attuatore (Carmine Ruta – ndr) nominato dalla gestione commissariale Basso-Rosato. Creare ulteriore contenzioso, sarebbe significato per noi creare ulteriore danno sia per le casse erariali sia per una corretta gestione. Alla scadenza del contratto del dott. Percopo abbiamo proceduto ad una rivisitazione complessiva della governance dell’Asrem, scegliendo chiaramente non in funzione di simpatie e amicizie ma soltanto provando a convincere – e ringraziando Dio ci siamo riusciti – altre professionalità ad investire le loro competenze in Molise (il nuovo direttore generale dell’Asrem è il dott. Mauro Pirazzoli, bolognese – ndr) per dimostrare che quelle linee programmatiche di riorganizzazione sanitaria che ci eravamo dati possono dare concretezza e segnali diversi, non al tavolo tecnico ma soprattutto ai cittadini che chiedono servizi di qualità.
Diamoci anche qui dei tempi. I cittadini vogliono sapere quando si uscirà da questa emergenza perenne
Le emergenze sono di due tipi. La prima è finanziaria, per cui già il 2015 per noi è un anno di riferimento importante. Fornisco un dato. Uno dei primi atti sottoposto alla firma del nuovo direttore generale è stata la proposta di ventottesima proroga di contratto semestrale. Significa che anziché fare le gare, il direttore avrebbe dovuto firmare e autorizzare la ventottesima proroga semestrale. In pratica sono quattordici anni che un certo servizio viene acquistato dallo stesso fornitore senza condizioni di particolare riguardo per l’Azienda. Anzi, paradossalmente con un incremento legato all’Istat della fornitura. E allora, finanziariamente con questa nuova politica, con questa nuova governance, io sono convinto che già il 2015 darà notevoli segnali di abbattimento del deficit finanziario. Però la sanità non è fatta solo di risorse ma è fatta soprattutto di qualità. E allora, l’idea di contenere la mobilità passiva, perché siamo nelle condizioni di offrire un servizio di sanità di qualità, è sicuramente un obbiettivo ancora più importante di quello dell’equilibrio finanziario, tenendo presente però che qualità e offerta sanitaria non è solo ospedale. Per una popolazione fondamentalmente anziana com’è quella di questa regione, diventa fondamentale garantire la prestazione sanitaria in termini di domicilio e territorio. La riorganizzazione sanitaria passa per questi tre aspetti: domicilio, riorganizzazione dell’offerta territoriale, ridefinizione dell’offerta ospedaliera con una netta demarcazione tra strutture per acuzie e strutture per post acuzie. Le strutture per acuzie saranno quelle di Termoli, Campobasso e Isernia e saranno individuate con rispetto a tre distretti e non più agli attuali sei e faranno capo ad un’unica direzione generale. Larino e Venafro saranno strutture dedicate al post acuzie mentre Agnone fa storia a sé, perché viene considerata come struttura in area disagiata e viene ridefinita all’interno del nuovo patto per la salute siglato con i due ministeri della salute e dell’economia. Diventa però importante per Agnone, così come per l’area venafrana e larinese, il rapporto con le regioni limitrofe e quindi con gli accordi di confine che regolamentino l’utilizzo di quelle strutture.
Che ruolo avranno i privati nella riorganizzazione del sistema sanitario. L’accusa è che lei voglia favorirli.
Attenzione. Premesso che anch’essi vanno riparametrati sull’offerta sanitaria complessiva e in termini di posti letto, va sottolineato che stiamo sempre parlando di privati che svolgono un servizio pubblico e in molti casi a costi decisamente inferiori a quelli delle strutture pubbliche.
Come finirà a vicenda del rapporto tra Cardarelli – Cattolica?
Nessuno ha mai messo in discussione il ruolo centrale del Cardarelli. La vicenda, tuttavia, è ancora in discussione e da risolvere.
Parliamo di politica. Come ha fatto a passare da Forza Italia al Partito democratico?
Non sono mai stato tesserato in Forza Italia.
Si, però con Forza Italia si è candidato alle elezioni regionali nel 2000
Si, come indipendente e senza tessera. Lo feci in ragione di un’esperienza non politica fatta con Michele Iorio e che mi aveva colpito positivamente. Su Iorio, chiaramente, il mio giudizio è poi cambiato.
Si sente renziano?
Sono amico di Renzi, più che essere renziano.
Renzi è stato l’unico a farle gli auguri nel 2011 quando lei si candidò la prima volta alla Regione
Allora lui era sindaco di Firenze ed è quindi un’amicizia che va ben oltre gli schemi o le mode o le tendenze del momento. C’è un rapporto di amicizia costruito grazie ad un amico comune, Enzo Manes, che Renzi nominò da sindaco presidente degli aeroporti. Grazie a questo amico comune ci conoscemmo quando io ero presidente di Unioncamere ma soprattutto amministratore unico di Mondo Impresa, la società che si occupava di internazionalizzazione delle imprese, e da lì è nato un ottimo rapporto. Lui allora era presidente della Provincia e non ancora sindaco. E’ un rapporto che abbiamo coltivato negli anni. Quando lui si è poi candidato per le primarie correndo contro Bersani, io l’ho votato, chiaramente raccogliendo una sonora sconfitta anche in Molise. Devo dire che abbiamo invertito la tendenza nel momento in cui si è ricandidato ed è stato eletto segretario del nostro partito.
L’impressione che si ha però, è che lei vada d’accordo più con un “non renziano” come il senatore Ruta
No, non è così. Io non so chi siano i renziani e chi in non renziani
Beh, il segretario Fanelli lo è
Si, sicuramente. Penso di essere stato tifoso e anche supporter della campagna per le primarie di Micaela Fanelli e penso di avere anche qualche piacevole responsabilità sul favorevole risultato raggiunto. Un conto è però la corrente o, meglio ancora, la mozione che ha vinto un congresso, un conto è pensare al futuro di una regione coinvolgendo non solo tutti i livelli istituzionali ma ancora di più tutte le forze che appartengono al nostro partito. Un partito che vale più del 40% è costruito attorno a persone che hanno un rilievo istituzionale a livello nazionale e regionale ma anche con coloro che hanno portato avanti mozioni diverse. Finito il congresso, c’è una maggioranza e una minoranza, ma io auspico che entrambi possano avere obiettivi comuni e, pur avendo ciascuno i propri riferimenti, dimostrare ai cittadini di avere unità d’intenti. Le mozioni, una volta finito il congresso, si ricompattano al fine, auspico, di garantire un lungo periodo di governo al centrosinistra nazionale e regionale.
Spieghiamo una cosa ai molisani. In un giorno di sole, lei e il senatore Ruta vi siete presentati per una conferenza stampa all’aria aperta e avete indicato un decalogo di priorità per la coalizione. Questo nasce da un rapporto preferenziale tra voi due o da un’intesa che coinvolge anche gli altri partiti della coalizione? Nella prima delle due conferenze all’aria aperta, fu il senatore Ruta a parlare di stati generali della coalizione da tenere entro il mese (eravamo a ottobre) e lì discutere dei dieci punti. Poi, però, non si è fatto nulla.
I temi tracciati con il senatore Ruta sono gli stessi che facevano parte del nostro programma e non sono quindi disallineati con gli impegni che avevamo assunto con i cittadini in campagna elettorale. Gli stati generali non sono stati convocati, è vero, ma per un mio problema di controlli che dovevo effettuare. Ad ogni modo possiamo dire che gli stati generali ci saranno, anche se chiamarli così mi sembra corretto da una parte ma fuorviante per un altro verso. Intanto abbiamo già incontrato i partiti più piccoli della coalizione. Ribadisco però che sui temi fondamentali c’è condivisione, posto che sono gli stessi sui quali abbiamo chiesto e ricevuto la fiducia dei molisani.
Lei si è mai sentito in conflitto di interessi? Ad esempio sulle Biomasse
Mai! Per la verità mai e sono orgoglioso di non essermici mai sentito. Sono grato per questa domanda, perché così ho la possibilità di esprimere una valutazione che non è né politica né imprenditoriale né personale ma è una semplice considerazione. Il conflitto di interessi nasce nel momento in cui io dovessi trarre beneficio in termini personali rispetto alle tante attività delle quali mi sono occupato prima di diventare presidente della Regione. Onestamente, mi sono liberato da tempo di tutte le mie partecipazioni personali alle attività che avevo, e l’ho fatto prima di essere candidato nel 2011; attenzione: prima e non dopo essere stato eletto, attraverso atti notarili che hanno una tracciabilità straordinaria. E la serenità, che mi lascia del tutto indifferente ai tanti attacchi che ricevo ogni giorno, scaturisce dal fatto di avere la coscienza a posto, dall’essere convinto di quanto il tempo sia galantuomo e dal riscontro che comunque ho girando sul territorio. E’ vero, mi prendo i fischi in alcune situazioni, però poi è anche vero che nel momento in cui si ho la possibilità di confrontarsi serenamente sui fatti, di assumere impegni e di mantenerli nella sostanza e nei tempi, mi mette tranquillo. Per cui, onestamente, io conflitto di interesse non sento né di averne né di averne avuto. Mi rendo conto di essere oggetto di tanti esposti, sono convinto che la magistratura farà il corso che è giusto faccia ma la serenità di avere la coscienza a posto mi fa stare completamente tranquillo rispetto ad ogni possibile epilogo.
Ma non crede che oltre a non esserlo, bisognerebbe anche apparire al di sopra di ogni sospetto di conflitto di interessi? Il problema, presidente, nasce dalla sovrapposizione del medesimo circuito di collaborazioni che l’ha affiancata come imprenditore e che adesso l’accompagna nella sua nuova veste istituzionale. Non crede che anche l’apparenza, oltre alla sostanza, abbia una sua importanza?
Io penso che o uno è stupido, e allora stupidamente o superficialmente o presuntuosamente impone alcune cose o, ancora una volta, con la trasparenza riporta in una vita diversa dalla precedente le cose buone che spera di aver costruito nelle altre esperienze. Mi spiego. La polemica del Capo di Gabinetto scaturisce da una esperienza imprenditoriale che il marito del Capo di Gabinetto ha portato avanti (Centrale a Biomasse della Civitas – ndr). Esperienza e iniziativa che, rispetto ad una presa di posizione dei cittadini e dei territori, mi vede nelle condizioni di assumere la responsabilità di una revoca che porta la mia firma, quindi l’eventuale indennizzo viene chiesto al sottoscritto e non ad altri: tanto per essere chiari.
In che senso viene chiesto a lei personalmente?
Il decreto di revoca, chi lo firma? E’ firmato dal presidente e non da altri. Certo, il presidente si fa dichiarare dai competenti livelli istituzionali un diverso interesse pubblico. La revoca però non la firma né il Consiglio regionale né la Giunta. Per cui, se ci fosse stato qualcosa da nascondere, onestamente non credo che si sarebbe affrontata la cosa con questa attenta valutazione. Il Capo di Gabinetto è stato mio collaboratore in Camera di Commercio, è stato mio validissimo collaboratore durante la campagna elettorale, è una persona che professionalmente stimo come nessun altro, visto che è il mio primo riferimento fiduciario. Con me ha vissuto quella esperienza e con me ha continuato a viverla. Lei, come me, non ha nessuna partecipazione, nessun interesse. Mi domandavo, e riferivo ad un altro suo collega di una testata nazionale: quindi il marito della Mogavero, non deve più lavorare in questa Regione? Visto che l’iniziativa imprenditoriale portata avanti non aveva alcun coinvolgimento politico, sino a quando i cittadini e gli amministratori dei territori interessati hanno preso una posizione contraria. Nessuna opportunità di facilitazione politica. La legge 387 prevede l’autorizzazione unica sulla base esclusiva di un iter amministrativo. Non c’è un politico che partecipa, non c’è un’amministrazione che esprime una valutazione politica, ma ci sono i tecnici che danno dei pareri tecnici e che, malgrado tutto ciò che è accaduto, hanno confermato esattamente le positività dei pareri rilasciati prima che i cittadini si esprimessero in maniera diversa. Per cui, in tutta onestà, se noi avessimo incaricato l’ingegnere Di Domenico di seguire un lavoro per conto della Regione, se noi avessimo in qualche maniera accompagnato, favorendola, un’iniziativa esprimendo dei pareri politici e non amministrativi, io sarei d’accordo sulla presenza di un evidente atteggiamento di favore. Però, un ingegnere che fa il suo lavoro, che rispetta la norma, che presenta un progetto, che va ben oltre i cento ottanta giorni previsti dalla legge per l’autorizzazione di quel progetto e che dal 2008 si vede approvato il progetto nel 2014, ripeto: senza nessuna interferenza politica; onestamente dobbiamo dire all’ingegnere Di Domenico che in Molise non deve più lavorare perché è il marito del Capo di Gabinetto del presidente della Regione? Io non so se questo è un ragionamento giusto che nasconde un conflitto di interessi o altro.
Non è questo, che non debba più lavorare, è che laddove interviene la sfera regionale si può creare questo tipo di conflitto
Allora: io chiedo un permesso per costruire, e se faccio il presidente della Regione non devo chiederlo, perché il permesso me lo rilascia il sindaco di un’amministrazione che può essere considerata amica? Faccio un esempio banale. Non voglio rispondere a domanda con domanda ma ripeto: condivido e sottoscrivo qualora ci fosse stata una valutazione soggettiva, una valutazione politica sulla iniziativa del marito del Capo di Gabinetto, l’ingegnere Di Domenico, ma così non è stato. La procedura ha seguito un iter amministrativo con la presenza di un responsabile del procedimento. Chiarisco che l’atto istruttorio allegato alla delibera, riporta chiaramente il parere negativo sulla espressione sulla revoca alla autorizzazione, quindi vuol dire che i dirigenti dei servizi regionali hanno detto che non esistevano i presupposti per la revoca. Quindi, quegli stessi dirigenti hanno riavallato la bontà di quei pareri rilasciati. La politica, nel caso specifico, si è espressa negativamente rispetto a quella iniziativa, prendendo atto del mutato interesse pubblico, e il mutato interesse pubblico non lo delibera né il presidente né la Giunta ma è un atto di indirizzo e abbiamo chiesto al Consiglio regionale di esprimersi.
Quello che è stato chiesto al Consiglio è solo questo, un atto di indirizzo, o anche una fiducia a lei e all’esecutivo regionale?
Assolutamente no, nessuna fiducia. Anche perché il voto positivo sull’atto di indirizzo nasce da una mozione approvata all’unanimità dal Consiglio regionale. A monte del nuovo inidrizzo, c’è una mozione che non si è inventato Frattura. Prendo però atto che al momento in cui si è trattato di assumersi la responsabilità di un atto che definisse una volta per tutte il mutato interesse pubblico, guarda un po’ quell’atto non è stato più all’unanimità e ha ricevuto due astensioni proprio da quelli che facevano i paladini non so di che cosa (i consiglieri regionali Federico e Manzo del Movimento 5 Stelle – ndr).
Ecco, è stato chiesto anche a lui, che di solito è molto loquace e invece questa volta è stato reticente. Visto che lei c’era in Giunta, presidente, ci può dire perché l’assessore Petraroia si è astenuto sulla delibera che dava il via libera alla revoca delle autorizzazioni concesse per le centrali a biomasse? Astenuto in Giunta, salvo poi votare a favore in Consiglio.
Mah, penso che l’atto importante era quello di votare in Consiglio il diverso interesse pubblico di quell’area e il vicepresidente Petraroia ha votato favorevolmente. Rispetto alla sua astensione in Giunta, sarà bene chiederlo a lui.
Però lei converrà che un’astensione in Giunta è comunque una presa di distanza che ha imposto un voto a maggioranza. C’è un distinguo, quantomeno
Per questo bisogna chiederlo direttamente a Petraroia
Ma lei, glielo ha chiesto?
Certo che gliel’ho chiesto, e mi ha risposto con un voto favorevole in Consiglio il giorno dopo.
Quindi di si è pentito?
Mah, non lo so. Ripeto, bisogna chiederlo a lui. Io ho preso atto con piacere di un suo voto favorevole espresso in Consiglio regionale.
Lei si è dato un voto in pagella, un sette. Se dovesse dare una pagella ai suoi assessori, che voti darebbe?
Privatamente si ma pubblicamente non darei mai voti. Sono contento però chiaramente del lavoro di squadra che insieme stiamo facendo.
Lei tempo fa ha annunciato un “tagliando” alla Giunta, poi non è stato fatto. Perché?
Io ho detto pubblicamente tagliando, e lo abbiamo fatto. Però, evidentemente, la parola tagliando per qualcuno significava modifica, azzeramento, sostituzione. Io ho parlato di tagliando e tagliando abbiamo fatto. Abbiamo verificato indirizzi che forse andavano meglio puntualizzati.
Possiamo quindi dire che adesso funziona tutto perfettamente e in armonia
Che funzioni in armonia penso lo dimostri la qualità del rapporto che non solo abbiamo politicamente come esecutivo ma anche il fatto che, al netto dell’astensione espressa da Petraroia su questa delibera (Biomasse – ndr), non c’è stato un atto che abbia trovato dissenso da parte di qualcuno e tutti gli atti li abbiamo adottati tutti all’unanimità.
Parliamo di costi della politica. Lei quanto guadagna al mese?
Circa ottomila cinquecento euro netti, Tredicimila e cinquecento lordi.
Non è forse venuto il tempo di darci un taglio? Cosa ne pensa della proposta di legge di iniziativa popolare presentata dagli indignati. Adesso c’è addirittura una diffida a discuterne in Consiglio
Credo che la questione, come è stato già fatto in Conferenza delle regioni, vada affrontata complessivamente con un provvedimento che riguardi tutte le regioni d’Italia basandosi non tanto sul rapporto tra gli eletti e la popolazione, quanto sul livello di responsabilità che vengono assunte dagli amministratori. Dico una cosa, e mi auguro di non scatenare le solite polemiche. Personalmente guadagnavo di più quando facevo il libero professionista, tanto è vero che per garantirmi il medesimo livello di previdenza, ogni anno verso circa ventimila euro alla mia cassa professionale.
Secondo lei, i consiglieri delegati, ce l’hanno un senso? Lei li ha nominati, e risponderà di si, ma alla luce della effettiva operatività che senso hanno?
Non è vero che non abbiano un senso, perché possono operare. Non hanno purtroppo la firma esecutiva sugli atti, ma operano su delega del presidente. Quindi è il presidente che ratifica l’atto o l’azione o l’iniziativa intrapresa. Considerando tutte le deleghe personali, dovrei stare a Roma tre giorni alla settimana, cosa che non posso fare. Seguire puntualmente tutte le deleghe che ho sarebbe impossibile, se non avessi i consiglieri delegati. Essi sono una garanzia della presenza del governo regionale, della maggioranza, una garanzia di attenzione e di sensibilità e di ascolto. Sulla base della iniziativa dei consiglieri delegati le proposte diventano atti sui quali appongo la mia firma.
Quindi su Cultura, Sport, Programmazione e Protezione civile e ricostruzione lei è soddisfatto?
Senza consiglieri delegati sarebbe difficile andare avanti. Io per un anno ho fatto soprattutto l’assessore al bilancio. Quella delega ha assorbito gran parte del mio tempo viste le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare e che abbiamo risolto, considerando i risultati. Oggi, sto facendo quasi a tempo pieno l’assessore alla Sanità.
Ci spieghi un altro mistero. La “cabina di regia” affidata al consigliere Totaro, che significa? Non le pare che ci sia una sovrapposizione di tante invenzioni e figure extraistituzionali
La cabina di regia è un livello intermedio che non va letta come esclusiva della figura individuata. Ci siamo posti l’obiettivo di un miglior raccordo tra l’Esecutivo e il Consiglio regionale, perché presi da mille cose a volte manca anche il tempo per fare una riunione di maggioranza. E allora avere un elemento di connessione tra parte assembleare e parte esecutiva, forse ci aiuta a superare quel tempo che non riusciamo a trovare nella giornata di ciascuno.
Da quanto tempo non prende un treno?
L’ultimo l’ho preso un mese fa
Ma è andato a Roma?
No a Milano.
La domanda che le faccio è tendenziosa. Lei sa dei disagi quotidiani che i molisani subiscono durante i viaggi per la Capitale. Paghiamo settemila euro al giorno per il contratto di servizi con le Ferrovie e l’assessore ai Trasporti, Nagni, ha detto che non verrà rinnovato. Cosa succede?
L’assessore Nagni ha preso atto di una situazione che è diventata insostenibile. Pagare per un servizio che crea disservizio ai cittadini è un controsenso, per non dire un non senso. Innanzi tutto c’è da considerare un fatto, e cioè che noi non abbiamo più gli uffici manutentivi sulla stazione di Campobasso. Avere poca, scarsa e disattenta manutenzione, provoca inevitabilmente disservizi come quelli che troppo frequentemente continuiamo a vivere.
Che vita fa privatamente. Lo legge un libro, lo vede un film, lo ascolta un disco?
Devo essere sincero. La vita privata risente non poco di questa esperienza. Il tempo che dedico all’incarico pubblico assorbe anche il tempo che dovrei dedicare alla vita privata e alla famiglia. Per questo un ringraziamento forte non può che andare a mio figlio Frenando e alla mia compagna Gilda. Malgrado questa mia continua e persistente assenza, continuano ad assecondarmi in questa esperienza che io ho cercato e per la quale loro per primi subiscono le conseguenze negative.
Se tornasse indietro, rifarebbe di nuovo questa esperienza?
Assolutamente si, provo però amarezza nel non riuscire a comunicare come vorrei su questioni che vengono raccontate in maniera diversa da come stanno o da come in realtà sono accadute. Però è un’amarezza che va considerata come esperienza formativa per la vita di uno che prova a fare l’amministratore pubblico.