Una notizia che non avremmo voluto mai dare: è quella della morte del giudice Giovanni Falcione. Da anni combatteva contro un male che non gli ha dato scampo e che nella serata di sabato se lo è portato via. In circostanze come queste si tende ad enfatizzare la vita di un uomo che se n’è andato, ma in questo caso non ce n’è bisogno. A bastare è sufficiente la mia personale esperienza. Ho lavorato come cronista di giudiziaria al quotidiano Nuovo Molise, e in quella veste ho avuto modo di conoscere Falcione nel corso delle tante udienze che lo videro coinvolto. Ne nacque un’amicizia personale che aggiunse la scoperta di una personalità sensibile e profonda, accanto a quella a me già nota di un magistrato preparato e animato da un senso di giustizia mai separato dalla comprensione dei fenomeni sociali legati ai tanti casi da lui trattati. Pare di rivederlo ora, con quella sua andatura caracollante e l’inseparabile giubbotto di pelle che, fuori dal Tribunale, gli davano un’aria scanzonata e serena che nemmeno le austere aule di Giustizia erano riuscite mai a intaccare. Se n’è andato, ma resterà nella memoria di chi lo ha conosciuto, sempre con quel suo sorriso largo e sereno. A Dio, Gianni. Che ti sia lieve la terra.
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