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Carrese, storia di un dolore. 29 ottobre 2014 – 30 aprile 2015: dalla luce di Papa Francesco al buio delle stalle sprangate

AperturaCarrese, storia di un dolore. 29 ottobre 2014 - 30 aprile 2015: dalla luce di Papa Francesco al buio delle stalle sprangate

di PASQUALE DI BELLO

La conferma del sequestro di buoi e stalle operato dalla magistratura cade esattamente a sei mesi dalla storica visita dei Carri di San Martino in Pensilis a papa Francesco. A sei mesi di distanza un salto dalla luce al buio, un dolore che avvolge migliaia di uomini e donne.

Esattamente sei mesi fa, il 29 ottobre 2014, quando i Carri di San Martino in Pensilis si recarono in visita a papa Francesco, nessuno avrebbe mai immaginato che esattamente sei mesi dopo, il 30 aprile 2015, si sarebbe passati dalla struggente bellezza di Roma e dalla solennità del Vaticano alla greppia mediatica che in queste ore sta letteralmente mettendo nel tritacarne la Carrese, una delle tradizioni più nobili e fiere presenti in Italia. Nessuno avrebbe pensato che in sei mesi il passaggio tra la gioia e il dolore sarebbe stato così repentino, forte, drammatico.

“E’ uno strano popolo quello italiano – ci ha scritto un lettore – rispetta le culture di tutti e cancella le proprie”. E’ questa la sintesi amara del giorno più buio per le Carresi di San Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone, quello in cui da parte del Gip di Larino, Roberto Cappitelli, è arrivata la conferma del sequestro di stalle e animali chiesto dal capo dell’omonima Procura, Ludovico Vaccaro. Qui ed ora, non è il tema dell’indagine a rilevare. Ciò che emerge è che quello che era un tema circoscritto, la tutela del benessere animale, che nessuno, sia detto per inciso, nelle comunità interessate ha mai messo in discussione, oggi è diventato anche altro: quello della tutela del benessere del sentimento popolare. Se da un lato vi è un principio di tutela degli animali dai maltrattamenti, ve n’è un altro. Un nuovo diritto, ancora da codificare: quello alla tutela del sentimento popolare. Perché i dolori dai quali ci si deve difendere non sono soltanto quelli che hanno a che fare col corpo di un animale ma anche altri. Sono, accanto ai primi, i dolori che hanno a che fare col sentimento e con l’animo umano.

Ciò che la vicenda Carresi insegna, è proprio questo. Perché se è vero e giusto tutelare il corpo gli animali, è altrettanto vero e sacrosanto tutelare i sentimenti degli umani. Sentimento che oggi grida a sua volta giustizia davanti ai fatti degli ultimi giorni. Le legnate, infatti, fanno più male sopra un animo che sopra una groppa e di legante, in questi giorni, le comunità di San Martino in Pensilis, Portocannone e Ururi se ne sono prese a dismisura, dipinte come sono state a tinte fosche e losche. Chi conosce i popoli e gli uomini delle Carresi, sa bene che così non è. E sa dell’amore e dell’intima relazione che lega uomini e animali e sa degli sforzi compiuti dalle comunità e da chi le amministra per eliminare ogni ombra di dubbio su queste manifestazioni del sentimento e della fede popolari.

Ma tutto questo, oggi, sembra non avere alcun valore. A seguito di presunte responsabilità penali (tutte da accertare), e che per definizione hanno natura personale, è già scattata nella pubblica opinione quella che viene avvertita come una sanzione collettiva a carico di tre intere comunità, private di fatto della possibilità di celebrare i riti legati alla propria tradizione e devozione. E’ questa la “legnata”, la profonda ferita che il sentimento di migliaia di uomini e donne hanno avvertito e avvertono. Qui non è il caso di sindacare sull’operato della magistratura, vi saranno altri luoghi e altri modi per comprendere se le misure chieste dalla Procura di Larino e adottate e confermate dal Gip di quel Tribunale siano congrue. Qui dobbiamo limitarci a segnalare lo scontro in corso. Da un lato vi è il mondialismo animalista, un fenomeno globale non privo di degenerazioni e fanatismi che gode di ampie casse di risonanza; dall’altro vi sono tradizioni locali prive di qualsiasi strumento di comunicazione e di protezione sociale, storie e comunità a cui viene impressa a fuoco la lettera scarlatta di indice di barbarie. Fare chiarezza è un’operazione culturale e di onestà intellettuale che richiederà anni di fatica, poiché sarà difficile eliminare un’equazione, quella che vuole nei soli animalisti gli amanti degli animali. Un assunto del tutto privo di fondamento. Amare e rispettare gli animali, non significa essere necessariamente animalisti. Gli animali possono essere amati e tutelati, come accade a San Martino in Pensilis, Portocannone e Ururi, senza fanatismi e senza “ismi” di sorta. Semplicemente prendendosi cura di loro durante tutto l’arco dell’anno. E’ questa la vera cura e tutela del loro benessere.

Quello che sta accadendo in queste ore alla Carrese, è la riproposizione in chiave locale dello scontro tra il Golia mondialista dell’animalismo, dotato di mezzi potentissimi (leggi ad hoc e pubblica opinione indottrinata), e il piccolo Davide che ha solo la propria fionda dell’identità per difendere le proprie tradizioni. Solo risolvendo questa contrapposizione, ovvero attraverso un bilanciamento delle questioni, benessere animale – benessere del sentimento popolare, sarà possibile uscire dalle sabbie mobili che rischiano di soffocare le Carresi. Ma oggi è un giorno nero e di dolore per migliaia di uomini e donne. Oggi le Carresi sono ferme e il sentimento popolare è ferito. E’ questa, purtroppo, l’unica cosa certa. Il resto, invece, è tutto ancora da dimostrare.

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