Messa a confronto col passato, la nuova classe dirigente che si richiama alla tradizione comunista, manifesta in maniera eclatante tutte le proprie contraddizioni e speculazioni. In Molise, più che nel resto d’Italia, assistiamo ad una truffa elettorale che consente l’elezione di un ceto politico trasversale e ghiotto di privilegi, una camarilla tragica che ad ogni elezione specula sulla buonafede dei cittadini e sulla Storia politica del Paese.
Quella che vedete a corredo di questo articolo, è una foto che in altri tempi avremmo definito storica. Oggi invece, visti i tempi che corrono e le facce che li rappresentano, in buona parte coperte da pesantissime tracce di bronzo, quella che vedete è invece una foto archeologica. Rappresenta, come fosse la fotografia di uomini dell’età omerica, una specie ormai estinta e della quale si è presa ogni traccia. Parliamo della specie comunista. Nello specifico la foto, presa a prestito dallo sterminato e prezioso archivio de “Lagrandeonda”, rappresenta i comunisti di San Martino in Pensilis in occasione della visita del segretario generale della CGIL Luciano Lama a quella comunità. Siamo ai primi degli anni ’80 e, fatti due conti, da allora non sono passati più di trent’anni, un tempo relativamente breve per l’estinzione di una specie. In genere, questi sono processi che richiedono tempi lunghissimi. Ebbene, quello che accade in milioni di anni in Molise è accaduto nel tempo di una sveltina. Tanto c’hanno messo i marpioni di oggi a liquidare una tradizione nobile e fiera. Le prassi contemporanee, messe a confronto con quel tempo, ci paiono simili allo scarico di uno sciacquone messa a paragone con una sinfonia di Beethoven. Eppure, in Molise, c’è chi specula e campa e vive di rendita politica sulla memoria e sulla storia di quegli uomini, anch’essi fieri e coraggiosi. Che tali fossero in larghissima parte, fieri e coraggiosi, lo diciamo da avversari quali siamo stati di quell’ideologia, e quali saremmo anche oggi se quell’ideologia esistesse ancora. Ma questo è solo un dettaglio personale e un ricordo che qui non interessa a nessuno, se non al sottoscritto che quegli uomini, i comunisti di San Martino in Pensilis, la “collina rossa del Molise”, li ha conosciuti uno ad uno.
Ciò che invece è di pubblico interesse, è segnalare e censurare la truffa elettorale che permette ai nuovi (e finti) comunisti di gozzovigliare sulla pelle dei vecchi, molti dei quali c’è da credere si girano nella tomba ogni volta che lorsignori aprono la bocca. E’ vero che questo è un fenomeno ormai dilagante, ma la degenerazione e la spudoratezza che esso ha assunto in Molise ha tinte ancor più fosche di quello che sta avvenendo nel resto d’Italia. Abbiamo in Molise, in varie formazioni che vanno dal PD sino ad altri gruppi minoritari, figure e figuri che a quella tradizione si richiamano ergendosi a paladini dei non garantiti e dei diseredati, della povera gente, dei disoccupati e delle fasce più deboli e umili della popolazione, salvo poi avallare tutte le politiche che il centrosinistra al governo della Regione Molise sta portando avanti. Dalla macelleria sociale in campo industriale e sanitario alla sguaiata abbuffata di indennità, privilegi e sprechi di consiglieri e gruppi regionali sino alle coperture garantite ad una burocrazia incapace e parassitaria che, al pari della politica, è la causa principale del disastro molisano. Se c’è una questione morale oggi in Molise, essa coincide con la questione politica, quella che consente a una camarilla di marpioni di appropriarsi indebitamente di un vessillo e di una storia, piegando l’uno e l’altro ai propri biechi interessi. E’ questo un imbroglio, un raggiro che va denunciato e al quale, prima o poi, gli elettori dovranno porre rimedio, restituendo a quell’agricoltura alla quale sono state indebitamente sottratte certe braccia che la fatica, il lavoro, il sudore sulla fronte e la polvere negli occhi non sanno e non hanno mai saputo cosa siano.