L’ultimo Consiglio regionale, tra cambi di casacca, opportunismi e trasformismi, si è incaricato di dimostrare come la Sinistra, da luogo del riscatto sociale, si sia trasformata in un supermarket delle più sfrenate ambizioni e del più bieco cinismo.
Non se ne adonti Massimo Romano se pubblichiamo questa foto che lo ritrae in compagnia dell’attuale presidente della Regione Molise, Paolo di Laura Frattura, e dell’oggi assessore a Lavoro (e a molte altre cose), Michele Petraroia. Entrambi gli attuali potentati, all’epoca erano semplici candidati nella corsa a battere Michele Iorio. Siamo nell’ottobre del 2011, nella sede del comitato elettorale di Frattura, in via Mazzini a Campobasso. Dallo sguardo traspare già qualche dubbio da parte di Romano che, nello scatto, sembra avere il naso più affilato del solito mentre guarda alla coppia al suo fianco. Evidentemente qualche dubbio già gli frulla nel cervello ma, altrettanto evidentemente, questo dubbio non ha ancora preso corpo. Ma non è lo sguardo di Romano quello su cui vogliamo attirare l’attenzione dei lettori, bensì quello di Frattura. Guarda Petraroia che parla e sembra pensare: “Ma questo, che minchia dice?”. Petraroia, che allora era ancora Petraroia, quello che abbiamo apprezzato e stimato, in quel momento è impegnato in un suo appassionatissimo intervento che terminerà, tra la generale commozione, con la consegna a Frattura della bandiera rossa. A suo modo, Petraroia, con quel gesto simbolico intendeva consegnare il patrimonio ideale di lotte per i diritti e il riscatto sociale a cui la Sinistra, universalmente intesa, aveva dedicato tutta la propria storia. Frattura, a cui a questo punto va riconosciuta la capacità di vedere nel futuro, lo guarda e giustamente (giustamente a suo modo) si chiede: “Ma questo, che minchia dice?” Il futuro, che allora non era ancora arrivato, si è incaricato di spiegare tutto. Di rosso, in questo governo regionale, non c’è una minchia di nulla, nemmeno il rossore che dovrebbe coprire le guance di certa gentaccia che con quel drappo, e col tradimento a quella bandiera, ha costruito un impero politico finalizzato alla rendita di capitale e di posizione.
Le immagini dell’ultimo Consiglio regionale, prova cruda di una deriva raccapricciante, andrebbero diffuse in tutte le scuole e conservate in tutti gli archivi politici, a testimonianza di come oggi la bandiera rossa sia diventata una bandiera zozza. Ad dargli l’ultima palata di fango, c’hanno pensato lorsignori politici molisani proprio in occasione dell’assemblea consiliare tenuta la scorsa settimana. Se in tutto il mondo la Sinistra ha lottato in nome del lavoro e della giustizia sociale, in Molise è in Italia oggi essa è diventata lo strumento col quale giustificare ogni trasformismo. Da Verdini a Monaco e Micone (per restare agli ultimi) gli esempi si sprecano. Nel 2011, l’unico a fare pubblicamente il tifo per Frattura fu l’allora sindaco di Firenze: Matteo Renzi. E forse non fu un caso. Il renzismo e il fratturismo, chi in Italia e chi in Molise, combaciano perfettamente. Entrambi sono l’espressione di una generazione di sicari autoincaricatisi di uccidere la Sinistra. Entrambi sono un “Cash & Carry” del contrabbandato politico, gabellato per democrazia.