La storia delle Carresi è giunta al capolinea. Fumata nera dopo il vertice in Prefettura a Campobasso tra associazioni carristiche, sindaci e rappresentanti delle forze dell’ordine.
Quello che vedete ritratto a corredo di questo articolo, è un popolo. Anzi, un POPOLO, scritto tutto con la maiuscola. La foto in questione, fatta il 29 ottobre 2014 in via della Conciliazione a Roma, è l’estremo atto di amore della gente di San Martino in Pensilis alla propria tradizione, la Carrese, portata quel giorno al cospetto di papa Francesco, vicario di Cristo sulla Terra. Quel giorno, dopo mille anni, San Leo tornava a Roma, dove era stato mille anni prima come abate di San Paolo fuori le mura. Quello che vedete nella foto è un popolo fiero, civile, orgoglioso delle proprie tradizioni e dei propri valori a cui nel giro di un anno sono state letteralmente tagliate le radici. E’ un popolo agonizzante, esattamente come lo è la Carrese, simbolo vivente della sua identità. Una banale, banalissima denuncia per maltrattamento agli animali, è diventata un’infezione mortale che in queste ore sta portando all’estinzione di un bene immateriale e inestimabile a cui nessuno ha pensato o pensa di dare cittadinanza e difesa: l’identità di un popolo. La storia di San Martino in Pensilis, al pari di quella di Portocannone e Ururi, è arrivata all’atto finale, immolata a un mondo secolarizzato finito nelle mani di lobby potentissime, come quella animalista, che pretendono di imporre all’intera umanità il proprio pensiero unico e conformista arrivato a derive aberranti.
Abbiamo già scritto tanto su questo tema e non ci ripeteremo. Ci limitiamo alla cronaca. In queste ore, dopo un vertice in Prefettura a Campobasso al quale hanno partecipato, oltre al Prefetto, il Questore del Capoluogo, i comandanti dei Carabinieri delle Compagnie di Larino e Termoli, i sindaci dei comuni interessati e i rappresentanti delle associazioni carristiche, possiamo dire che è stata scritta la parola fine alla storia delle Carresi. Se potesse essere impartita ad una tradizione, potremmo dire che per le Carresi è giunta l’ora dell’estrema unzione. Dopo il vertice in Prefettura è verosimile affermare che anche quest’anno le Carresi non ci saranno. La tesi sostenuta dalle forze di polizia è quella della equiparazione tra le prove della manifestazione con la manifestazione stessa. Per questa ragione, anche per le prove (chiamate “allenamenti” dal Disciplinare che regola le Carresi) dovrebbero ricevere una serie di autorizzazioni preventive e contemplare tutta una serie di accorgimenti tecnici, veterinari e di ordine pubblico, che di fatto portano dritti alla paralisi della manifestazione. C’è un errore di fondo: le prove (o se volete gli allenamenti) non sono la Carrese. Basti pensare che le Carresi si corrono a più carri, le prove/allenamenti di praticano in solitaria. Le Carresi si corrono su un percorso lungo e le prove si svolgono su un percorso corto, e così via dicendo per mille altre differenze oggettive. Ma non entreremo nel merito, poiché il problema non è tecnico ma culturale e di comunicazione. Siamo certi che se la medesima situazione avesse investito il Palio di Siena, a quest’ora ne parlerebbe l’Italia e il Mondo intere. Dei tre sfigatissimi comuni in questione, non interessa una beata mazza a nessuno. A partire dalle istituzioni e da chi le rappresenta, sindaci esclusi. Dinanzi al pericolo di estinzione di una delle tradizioni più belle e spettacolari d’Italia, ci saremmo aspettati un intervento da parte del Presidente della Regione, dei parlamentari, dei consiglieri regionali. E invece tutto tace. Le Carresi muoiono e tutti si girano dall’altra parte. L’unica speranza che resta è nella resistenza civile e non violenta che i popoli interessati saranno capaci di mettere in atto.