Ciò che ha vissuto sulla propria pelle Karl Guillen è ai limiti dell’incredibile. Accusato ingiustamente da un conoscente di aver rubato un furgone contenente armi, fu rinchiuso in un carcere dell’Arizona. Ma il peggio doveva ancora arrivare: fu infatti condannato a morte con l’accusa di aver ucciso un detenuto. Nei 18 anni segnati dall’isolamento e dall’incubo del braccio della morte, ha subito torture ed è stato colpito da un ictus. Ma è riuscito comunque a trovare la forza per difendersi da solo, studiando e raccogliendo le prove che gli hanno permesso di dimostrare la propria innocenza. L’esperienza di Guillen ha anche ispirato al tesi di una studentessa molisana, Sara Benedetta Fuooc, colpita dalla forza di volontà di un uomo che si è aggrappato alla vita attraverso l’arte e lo studio. L’incontro sulla pena di morte negli Usa, di scena a Isernia, è stato organizzato anche per lanciare un messaggio di speranza, ha detto Sergio Calleo, attivista per i diritti umani. Non solo ha trovato la forza per salvarsi, ma anche aiutato dentenuti meno fortunati di lui.