Non è il caso di mollare proprio ora che si è a un passo dal traguardo. Il riconoscimento di ospedale di area disagiata rappresenta sì un importante passo in avanti, ma la sua concreta attuazione potrebbe sempre riservare brutte sorprese. Con questo spirito, con l’obiettivo di tenere sempre alta l’attenzione sul Caracciolo, i tassisti romani originari dell’Abruzzo e del Molise hanno deciso di organizzare una nuova iniziativa per il 16 agosto, a un anno esatto dall’apprezzata manifestazione che li vide sfilare con decine di auto e mezzi agricoli d’epoca sulle strade di Agnone. Ai tassisti che vivono nella Capitale, tecnicismi e parole interessano poco o nulla: ciò che vogliono è un presidio ospedaliero che sia in grado di affrontare le emergenze e di dare assistenza ai loro parenti e amici che con coraggio continuano a vivere nei paesi altomolisani e dell’alto vastese. Che il lieto fine sia tutt’altro che scontato lo pensa anche don Francesco Martino, direttore dell’Ufficio per la pastorale della Salute della diocesi di Trivento. Nel ricordare che il riconoscimento di ospedale di area disagiata è stato quasi estorto da amministratori, Comitati e Chiesa locale, il sacerdote sottolinea che è stata posta solo “la prima pietra per ricostruire la sanità nell’Alto Molise: in ogni momento, nell’elaborazione e nella configurazione pratica del nuovo assetto – ha detto – le azioni finora messe in campo possono essere seriamente ridimensionate o vanificate da decisioni tecniche anche di piccola entità”. Per questo è il caso di tenere gli occhi ben aperti. La Diocesi la sua parte la sta facendo: una dettaglia proposta tecnica è stata inviata ai vertici della sanità, ai politici e gli amministratori abruzzesi e molisani, affinché diano certezze a partire dalla “configurazione ottimale e sicura per l’emergenza/urgenza e dei servizi sanitari necessari alla popolazione erogabili dal presidio”. Dati alla mano, don Francesco Martino ha esposto “i costi, la fattibilità del progetto e la sua sostenibilità economica. Con questo piano e grazie a un equo accordo di confine tra le due regioni – ha concluso – non solo non occorrono investimenti ulteriori, ma si ha anche la possibilità di una disponibilità di risorse aggiuntive di 350mila euro l’anno da utilizzare per l’ammodernamento del parco tecnologico della struttura e per il mantenimento dello standard di qualità ed efficienza”.