Gli ultimi fatti di cronaca gettano ancora più ombre sul futuro della sanità regionale. La morte della donna che aveva appena fatto la dialisi a Isernia, perchè il reparto non funzionava ad Agnone, e la morte di un’altra donna, deceduta al pronto soccorso del Veneziale, perchè non c’era posto nei reparti, sono due eventi tragici, su cui sta indagando la magistratura e, a quanto si sa, la stessa Asrem. Ma, al di là delle eventuali responsabilità penali, il quadro della sanità pubblica molisana è rovinoso e devastato. Una sanità, quella molisana, che nel giro di pochi anni ha dovuto ridurre le sue spese di un terzo, prima si viaggiava intorno ai 900 milioni l’anno, oggi per il 2017, il totale dei fondi supera di poco i seicento milioni. Ma, mentre la sanità pubblica ha dovuto tagliare reparti e servizi, per la sanità privata le cose hanno subito modifiche molto meno traumatiche. Parlando di numeri la sanità pubblica costava intorno agli 800 milioni e quella privata intorno al centinaio. Oggi – nel 2017 – la sanità pubblica ha l’obbligo di costare qualcosa in più di 500 milioni, mentre quella privata viaggia sempre intorno al centinaio di milioni. In sostanza il taglio pesante, quello che ogni giorno mette in discussione la vita di migliaia di molisani che vivono lontani dal Cardarelli di Campobasso, è il taglio che hanno dovuto subire, strutture, servizi e personale della sanità pubblica. Un taglio da circa trecento milioni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Agnone, Larino e Venafro, tre poliambulatori; Isernia e Termoli, due ospedali a scartamento ridotto senza numerose Unità Operative Complesse. L’unico che si dovrebbe salvare è il cosiddetto Hub regionale, il Cardarelli, progettato per servire centomila utenti, quelli del Molise centrale e oggi riconvertito a ospedale unico regionale. Intanto i privati protestano e dicono: i tagli li hanno fatti anche a noi, ma la matematica dice un’altra cosa.