Continua l’odissea per i lavoratori precari della Sanità molisana. La Corte costituzionale ha annullato la legge regionale n. 3 del 2015 che aveva disposto la possibilità di proroga dei contratti a tempo determinato sino al 31 dicembre 2016. La legge è stata impugnata dal Governo Renzi e, secondo la Corte, oltre alle norme costituzionali avrebbe violato anche le disposizioni imposte dal Tavolo tecnico nazionale per il rientro dal deficit sanitario. Sullo sfondo della vicenda, l’incapacità della politica locale di affermare le proprie ragioni rispetto al potere centrale.
La sentenza n. 14 del 2017 emessa dalla Corte costituzionale si è abbattuta come una mannaia sul personale precario della Sanità molisana e se non fosse per la legge nazionale di bilancio 2017 le speranze di molti lavoratori sarebbero morte e sepolte. La suprema corte ha annullato, su richiesta del governo presieduto da Matteo Renzi, la legge regionale n. 3 del 26 marzo 2015 che disponeva la possibilità di proroga dei contratti a tempo determinato del comparto sanitario sino al 31 dicembre 2016. Secondo Matteo Renzi, e secondo la Consulta che ne ha confermato la tesi, la Regione Molise ha violato gli articoli 117 e 120 delle Costituzione che disciplinano i rapporti tra la Stato e le Regioni e la adozione di disposizioni in materia finanziaria. Inoltre, secondo i giudici costituzionali che hanno integralmente accolto la tesi-Renzi, la legge varata dalla Regione Molise ha aggirato le disposizioni sul blocco del turn-over imposte dal Tavolo tecnico nazionale per il rientro dal deficit sanitario e adottate dal Commissario ad acta per la sanità. La Corte costituzionale, con la sentenza in questione, mette una pietra tombale sui poteri del Consiglio regionale in materia di Sanità. Scrivono gelidamente i giudici: i poteri del Commissario ad acta, “pur avendo carattere amministrativo e non legislativo, devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell’art. 120 secondo comma della Costituzione”. Una presa di posizione, quella della Corte, che cancella con un tratto di penna gli eletti in Consiglio regionale e il popolo che ce li ha mandati. Davanti ad una affermazione così grave, è legittimo chiedersi chi controlla i controllori e, soprattutto, chi è in grado di fermare lo strapotere dello Stato centrale che sta letteralmente devastando la Sanità molisana.
La questione oltre che pratica, perché adesso si pone il problema di capire chi e come coprirà la spesa per i contratti prorogati e che fine faranno gli interessati, è anche una questione politica che evidenzia un limite dell’attuale classe dirigente, quello dell’incapacità di far valere le proprie ragioni in sede nazionale. Il governo autore di questo sconquasso, e il premier che lo guidava, Matteo Renzi, erano entrambi amici del governo regionale e del suo capo, nonché commissario ad acta per la Sanità, Paolo di Laura Frattura, eppure questo non è significato nulla in termini pratici. Una politica che conta – ma quella molisana evidentemente non conta nulla – avrebbe chiesto ed ottenuto da un governo amico lo stralcio e la deroga della questione turn – over, potendola ampiamente motivare con uno stato di necessità che non solo è sotto gli occhi di tutti ma che, come richiamava la legge cassata, mette a rischio la garanzia dei livelli essenziali di assistenza. Il braccio di ferro col Tavolo tecnico e col potere centrale va avanti da anni, non lo ha certo inventato Frattura, ma se non altro il suo predecessore, Michele Iorio, andava a Roma e batteva i pugni. L’esatto contrario di quello che accade oggi, quando Frattura recandosi nella Capitale batte le mani a qualsiasi cosa gli venga imposta.