Se a Campobasso c’è il Teco Vorrei a creare un’atmosfera struggente, a Isernia è il silenzio a caratterizzare la processione del Venerdì Santo. Le preghiere e i canti intonati dal coro della Cappella Celestiniana contribuiscono a dare l’idea del dolore causato dalla morte di Cristo, ma sono soprattutto i passi silenziosi dei fedeli a trasmettere il senso di pentimento e sofferenza. E poi ci sono gli incappucciati, simbolo della penitenza: i cappucci che coprono completamente il volto, le croci portate in spalla, le corone di spine e i piedi nudi di alcuni rafforzano un’atmosfera di forte suggestione. Anche quest’anno la città ha partecipato in massa alla processione che, partendo da Santa Chiara, ha raggiunto la parte nord della città, per poi tornare nel centro storico. A fare da apripista come sempre le confraternite di Santa Maria del Suffragio, di Sant’Antonio, del Santissimo Rosario, del Santissimo Sacramento e della Fraterna; a seguire l’Unitalsi e l’Agesci, la banda e il coro, il clero; quindi la statua del Cristo Morto e dell’Addolorata, i portatori di statue, il gonfalone di Isernia e le autorità. Infine un fiume di gente. C’è chi ha fatto tutto il percorso, chi solo in parte, chi ha atteso a bordo strada. Negli ultimi anni le presenze sono aumentate sensibilmente, nelle sedi delle confraternite si fa la fila per chiedere di far parte del gruppo degli Incappucciati. Tutti vogliono esserci, ma per quel saio bianco a volte bisogna aspettare anche qualche anno.