È il patrono della città, eppure non si percepisce un particolare attaccamento degli isernini nei confronti di San Pietro Celestino. Si fa festa negli uffici pubblici, si fa un giro tra le bancarelle e finisce la storia. Non si capisce il motivo, eppure quello che viene chiamato affettuosamente “Il Santone” è uno dei figli più illustri di Isernia. Le cose cambiano dal punto di vista religioso: la ricorrenza è molto sentita, anzi negli ultimi anni si è registrato un maggior interesse da parte dei fedeli. Merito anche di Papa Francesco, ha ricordato monsignor Camillo Cibotti, vescovo della diocesi di Isernia-Venafro. Oltre a incarnare lui stesso l’umiltà e lo spirito libero di Celestino V, durante la sua visita in città il Santo Padre evidenziò l’attualità e la grandezza del messaggio di Pietro Angelerio. In effetti non è escluso che la figura di Celestino V in passato sia stata penalizzata da quel gran rifiuto messo nero su bianco da Dante Alighieri, anche se in realtà quel passo della Divina Commedia si presta anche ad altre interpretazioni, ha sottolineato il vicario della diocesi, monsignor Claudio Palumbo. Secondo alcuni studiosi quel “viltade” potrebbe stare a significare persona che viene dal popolo e, da buon sannita, non incline al compromesso. Per la festa del Patrono sono state comunque organizzate anche delle iniziative di carattere culturale, come ad esempio la mostra iconografica allestita all’ingresso della cattedrale, oppure il convegno del Rotary dal titolo: “Sulle orme di Celestino”. L’obiettivo è quello di promuovere itinerari turistici, ma anche un grande evento nel mese di ottobre, in ricordo di una visita (deviazione lungo il percorso dall’Aquila a Napoli) nella “sua” Isernia di San Pietro Celestino, ha ricordato la presidente del club della ruota dentata, Emilia Vitullo. A margine dei festeggiamenti, una curiosità legata alla statua portata in processione. In un articolo pubblicato su Il Mattino, circa 60 anni fa, Angelo Viti sostenne che in realtà raffigurerebbe Bonifacio VIII, nemico di Celestino V. Ma questa tesi ora è stata rimessa in discussione da Mauro Gioielli, capo ufficio stampa del Comune di Isernia: «Se il busto di Celestino fu realizzato nel 1896 – afferma Gioielli –, ossia nel sesto centenario della morte del santo, come scrisse Viti nel suo articolo, io credo che il resto della vicenda non sia andato come da egli sostenuto. Viti ipotizzò che l’artigiano modellò il volto del Papa isernino copiandolo da uno dei pontefici raffigurati nei mosaici della chiesa romana di San Paolo fuori le Mura. Invece – continua Gioielli –, sulla scorta dell’iconografia personalmente conosciuta, ritengo che sia la copia di una incisione di Pietro Vajani (apprezzato xilografo del XIX secolo), una immagine che venne inserita nel primo volume dell’opera “Biografie e ritratti degli uomini illustri della Provincia di Molise”, compilata da Pasquale Albino e stampata a Campobasso nel 1864. Questa incisione ritrae, appunto, ‘Pietro Morrone’ e tutto lascia credere che sia proprio l’effige che ispirò il simulacro di papa Celestino V che si venera a Isernia. Sembrano dimostrarlo, in modo pressoché inconfutabile, il profilo del volto, la postura, la tiara, la croce e altro ancora».