La legislatura regionale che sta volgendo al termine è stata caratterizzata, tra le tante cose e le molte inadempienze, dal mancato rispetto di un principio di cardine del nostro ordinamento: quello della rappresentanza di genere. Un principio di civiltà, prima ancora che giuridico, attraverso il quale si garantisce all’interno delle Istituzioni una rappresentanza adeguata ad entrambi i sessi. La questione, volgarmente derubricata al tema “quote rosa”, assume ancora più importanza in vista dell’imminente rinnovo del Consiglio regionale e della elezione del nuovo presidente del Molise. Con la nuova legge elettorale, la n. 20 dello scorso 5 dicembre 2017, è stata introdotta una norma ben precisa, quella che limita al 60% la presenza massima di uno dei due generi all’interno delle liste che concorrono alla elezione del nuovo Consiglio regionale. Vi è quindi la garanzia che almeno un 40% sia riservato all’altro sesso. Tra le liste che sono attualmente impegnate nella competizione del 22 aprile, il principio è stato in larga parte rispettato con una presenza bilanciata di entrambi i generi.
Il tema che invece si porrà al nuovo presidente di Regione, è meno aritmetico e certamente più politico, ovvero prevedere nella prossima Giunta regionale una composizione che rappresenti in maniera adeguata il genere femminile e quello maschile. La passata amministrazione, non è un mistero, non si è mai data molta preoccupazione di affrontare la questione, tanto è vero che in cinque anni, nella Giunta Frattura, di assessori donna non si è vista traccia. Adesso, ci auguriamo che chiunque sia il nuovo presidente non imiti le orme del suo predecessore e assicuri al prossimo governo regionale nella misura in cui crede, ma la assicuri, la rappresentanza di genere. Un mondo solo al maschile, non solo è un mondo brutto ma è anche un mondo stupido, privo di quel contributo straordinario e determinante che le donne, senza alcuna quota, riescono a dare in ogni ambito della società.