A palazzo San Giorgio è stato ricordato con un minuto di silenzio. Vittorio Rizzi per due anni ha occupato la poltrona di sindaco, al culmine di una carriera politica che ha vissuto sempre sotto le insegne della Democrazia Cristiana.
Una stagione, quella a cavallo tra gli anni ’80 e 90, in cui lo scudo crociato governava la Regione, con maggioranze bulgare. Un gruppo di politici di Campobasso decise di formare una corrente interna che aveva come obiettivo quello di restituire un ruolo centrale al capoluogo di regione, schiacciato dalla presenza di leader di peso come La Penna, D’Aimmo, Vecchiarelli, Sedati.
Ne fecero parte lo stesso Rizzi, dal quale era partita questa idea, Gino Di Bartolomeo, Nunzio Ruta ed Elio Marcaccio. Il gruppo Molise Centrale raggiunse i due vertici con Di Bartolomeo, presidente della Regione e lo stesso Vittorio Rizzi, sindaco di Campobasso dal ’90 al ’92. Fu il momento di massimo fulgore per gli esponenti di spicco della Dc del capoluogo.
Poi la Democrazia Cristiana subì la rivoluzione referendaria, con e quella di Mani Pulite. Rizzi, per due legislature dall’80 al 90 è stato anche in consiglio regionale, e assessore ai trasporti e all’urbanistica.
Dopo l’esperienza da sindaco, aveva tentato anche la scalata al parlamento, fallita per pochi voti.
Per alcuni anni è stato anche commissario del consorzio industriale di Termoli.
Sposato e con tre figli, era avvocato penalista dal 1963, ha tenuto la toga sulle spalle anche dopo l’uscita dalla scena pubblica. Ma dal suo studio non ha mai smesso di seguire con attenzione critica la sua vera passione la politica.