E’ donna, tra i 35 e 64 anni, e dipendente della pubblica amministrazione il prototipo di figura colpita da Covid come malattia professionale. A rivelarlo sono i dati diffusi dalla Cgil Abruzzo e Molise per mano del segretario della Confederazione, Franco Spina.
Una battaglia, quella della corretta qualificazione del Covid come infortunio sul lavoro e non come malattia, che la Cgil sta portando avanti da tempo.
La questione presenta numeri crescenti e preoccupanti. Nel solo primo trimestre del 2022 le denunce di infortunio sul lavoro per Covid sono state in Italia 48.790, un dato che supera in soli tre messi tutti i casi dell’anno precedente 2021. Una crescita esponenziale che tocca ogni regione. In Molise nell’intero periodo della pandemia le denunce sono state complessivamente 636 alle quali sono seguiti purtroppo 9 morti. Ad essere più colpita è la provincia di Campobasso col 75% dei casi e la fascia d’età quella tra i 35 e 64 anni. Tra i due sessi, sono le donne ad avere la peggio con 65 per cento dei casi registrati.
I settori invece maggiormente critici sono quelli della pubblica amministrazione, dei trasporti e della sanità.
Che fare, allora? Dal sindacato arriva l’esortazione a qualificare il covi contratto in ambiente di lavoro come infortunio e non come malattia, potendo così usufruire di una serie di tutele e garanzie maggiori. Accanto questo l’invito a non abbassare i livelli di attenzione negli ambienti di lavoro e, soprattutto, l’appello alla politica ad intervenire sul Sistema Sanitario potenziandolo massicciamente e di investire nella qualità dei servizi erogati.