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domenica, Settembre 8, 2024

La storia di un turbolento mazziniano molisano che attraversò il Risorgimento con la spada in pugno. A Ripabottoni presentato il libro su Tito Barbieri

AttualitàLa storia di un turbolento mazziniano molisano che attraversò il Risorgimento con la spada in pugno. A Ripabottoni presentato il libro su Tito Barbieri

Alto e muscoloso, capelli barba e occhi neri, un personaggio da romanzo d’appendice, sembra uscito dalla penna di Dumas. Spadaccino formidabile, rivoluzionario attraversò il risorgimento spada in pugno. Esule in europa per 10 anni. Mille vite in una. E’ Tito Barbieri, liberale radicale, agente e amico di Mazzini, nato a Ripabottoni, in Molise partecipò ai moti del 1848. Condannato a morte per tre volte, la fece sempre franca, anche quando attentò alla vita di Napoleone III in Francia prima di Felice Orsini. Tante le storie di paese, pochi i documenti, che Gabriella Paduano, storica e ripese d’origine, ha ricercato e messo insieme ricostruendo la storia di un uomo singolare. Ha presentato a Ripabottoni il libro “Tito Barbieri, un turbolento mazziniano”, nell’evento patrocinato dal Comune rappresentato dal sindaco Orazio Civetta e dall’ordine dei giornalisti del Molise. Presente il presidente Vincenzo Cimino.
“Un uomo del suo tempo, un molisano che partecipò al Risorgimento in modo attivo e che ci racconta la storia del suo tempo e del Molise di allora” ha detto l’autrice.
Tito Barbieri lasciò la sua casa alla comunità ed oggi è sede del comune di Ripabottoni, dove sono conservate le sue spade e i fucili (tra cui il fucile Barbieri, di sua invenzione). Nel libro analizzati i vari aspetti della movimentata vita del turbolento mazziniano, alla presentazione di spessore gli interventi di don Gabriele Tamilia, autore della postfazione e del magistrato Daniele Colucci, che ha scritto la prefazione. “La testimonianza che anche in Molise ci furono i fermenti della rivoluzione, del Risorgimento – ha detto – e questa storia getta una luce sugli avvenimenti che caratterizzarono il 1848 da noi. La testimonianza che, come nel resto d’Italia, i moti furono fatti dalla borghesia”.

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