Un pastore belga, per salvare altri cani. Lo ha utilizzato il nucleo antiveleno dei carabinieri forestali di Frosolone nella tartufaia di San Pietro Avellana.
Il suo fiuto è servito ad individuare le esche che erano disseminate tra querce e faggi. Bocconi intrisi di veleno antilumache che hanno provocato la strage dei cani cercatori. Una trentina, un numero impressionante. Ma quello che è agghiacciante è la consapevolezza con la quale ha agito chi ha disseminato nel bosco i finti tartufi.
L’autore o gli autori, ha sottolineato il procuratore di Isernia Carlo Fucci, hanno agito con una crudeltà inaudita.
Sull’accaduto ha preso posizione anche il presidente della Federazione nazionale associazioni tartufai italiani.
Non è il numero dei cani che impressiona – ha dichiarato Fabio Cerretano – ma l’atrocità compiuta, un vero atto di barbarie. Come si fa, si è domandato il presidente della Fnati a creare esche con lo scopo preciso di andare ad uccidere dei cani.
I proprietari di alcuni cani sono cercatori abruzzesi e dunque il caso si allarga anche alla zona oltre confine
Quello che è accaduto, ha concluso Cerretano, è vergognoso e chi ha compiuto questo scempio deve essere rintracciato e punito.
Indagini che sono sul tavolo del procuratore di Isernia, Carlo Fucci, che proprio dai microfoni di Telemolise ha invitato chi sa qualcosa a parlare, magari anche in forma anonima.
La faida del tartufai si estende all’Abruzzo e l’inchiesta è solo all’inizio