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mercoledì, Settembre 18, 2024

Automotive, transizione europea e incentivi. A quando la competitività?

AttualitàAutomotive, transizione europea e incentivi. A quando la competitività?

di Roberto Gravina

Il tema dell’automotive appare sempre più al centro del dibattito politico europeo.

Che il settore sia in affanno, è confermato dai dati che tuttavia vanno approfonditi per comprenderne meglio il significato.
In affanno, sicuramente le vendite mentre il fatturato complessivo balza in avanti, segnando un vero e proprio record.
Apparentemente, si tratterebbe di una contraddizione che invece non c’è poiché la soluzione è tutta nel costo del prodotto, che è aumentato. Si assiste, dunque, ad una contrazione del venduto (1,6 milioni di autovetture immatricolate nel 2023 in luogo del precedente record toccato nel 2007, quando furono vendute 2,5 milioni di automobili) ma ad un aumento dei fatturati, grazie all’acquisto di automobili il cui prezzo è decisamente aumentato.
Il grande assente, quindi, è proprio il ceto meno abbiente, perché volutamente escluso dai costruttori, che hanno puntato, evidentemente, su automobili di fascia medio-alta.

Il 2024, invece, preoccupa nel suo complesso, in quanto, complice l’esaurimento degli incentivi per l’acquisto di automobili, registra un significativo crollo nonostante il buon andamento registrato nei primi otto mesi, con un aumento del 3,8% rispetto al 2023 ma comunque assai lontano dai livelli precrisi, registrando ancora un calo del 18,5% rispetto al 2019.

Il mercato delle auto elettriche – B.E.V. – non decolla e seppur esistente, con picchi dell’8,3% grazie agli incentivi di giugno, scende al 3,7% in agosto, assai lontano dagli standard europei, sottolineando le difficoltà della transizione energetica nel settore.

Il momento è dunque delicato e si sa, il settore rappresenta da sempre, uno degli asset industriali più importante per i sistemi produttivi di una nazione. Lo è per l’Italia, per l’economia europea e per quella mondiale, con il mondo asiatico pronto ad invadere il vecchio continente. E si sa, ad oggi, i rischi di una competizione non controllata e non bilanciata, finirebbero per creare non pochi problemi alle industrie automobilistiche europee.

I dazi, onestamente, non rappresentano la soluzione; semmai, una reazione temporanea per consentire all’industria europea di guadagnare tempo per poter innovare il settore della produzione delle batterie ad un costo più competitivo rispetto all’attuale panorama dei prodotti cinesi.

Il tema della competitività, quindi, resta centrale.

Seppur registrando un rallentamento, che probabilmente porterà i policy maker europei, ad una rivisitazione della deadline per lo stop alla produzione dei motori endotermici, la transizione ecologica e con sé, quella energetica che interessa l’automotive, è inarrestabile e l’industria Europea non può permettersi ulteriori ritardi.

In questo contesto di incertezze, ci si chiede se per la prima volta non sia il caso di rivedere il sistema incentivante esistente, nel settore, in tutta Europa, tutto incentrato sul sostegno della domanda e quindi dei consumi, ma non certo indirizzato alla ricerca e allo sviluppo del settore.
In parole povere, gli incentivi rischiano di aiutare l’industria a vendere prodotti già vecchi e poco competitivi sul mercato, sia in termini di costi, che in termini di efficienza e performance di prodotto, di fatto non diminuendo il gap che si registra tra oriente e occidente, in particolare per automobili a costi più contenuti, che si rivolgerebbero a coloro che oggi sono esclusi – per volontà dell’industria europea – dalla possibilità di acquistare un’auto elettrica, con tutte le conseguenze che stiamo vedendo sul mercato.

E allora, perché non incentivare in modo più corposo la ricerca e lo sviluppo nel settore batterie piuttosto che l’acquisto di prodotti finiti? Si aumenterebbe la catena del valore, sostenendo l’industria a rendersi più competitiva, con una misura che certamente non produrrà effetti immediati sulla domanda, ma probabilmente la renderà più duratura e più stabile nel medio-lungo periodo, a tutto vantaggio del rafforzamento del settore industriale e dei lavoratori.

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