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mercoledì, Settembre 18, 2024

Autonomia differenziata e Questione meridionale

AttualitàAutonomia differenziata e Questione meridionale

Di Giuseppe Biscotti

Si assiste da qualche settimana a una formidabile levata di scudi da parte di forze politiche e sindacali contro l’autonomia differenziata del leghista Calderoli. La Destra sembra tacere come il cacciatore, di carducciana memoria, che fischiettando sta sull’uscio a rimirar. Nel caso del poeta sappiamo che trattavasi di augelli neri. Sulle ragioni che inducono i Fratelli d’Italia ad osservare il silenzio, salvo qualche rara eccezione, sappiamo meno, nonostante la certezza che si andrà al referendum. Forse è la consapevolezza della cortissima memoria storica degli Italiani che induce a temporeggiare. Del resto di referendum con il quorum se ne contano pochi. E le argomentazioni degli oppositori, da alcuni assimilati al gelataio che sostiene che il suo gelato è buono, lasciano ben sperare. Insomma sembra che nulla e niente ostacolerà l’applicazione della legge, a cominciare dalla quantificazione dei lep capaci di realizzare la definitiva unità del Paese. Se così fosse le campane del requiem aeternam della Questione meridionale risuonerebbero in tutte le contrade dello stivale. Ma non è così. La legge Calderoli ha come obiettivo implicito una ulteriore estensione dei poteri locali. Se non vado errato il leghista mai menziona, neppure nei termini, la Questione meridionale. Già Pasquale Villari, corrispondente da Napoli per l’Opinione di Firenze, con la pubblicazione delle sue Lettere Meridionali, avvertiva che senza il decollo del Meridione non vi sarebbe potuta essere vera unità nazionale. Come non essere d’accordo con l’intellettuale fiorentino. I miei alunni chiedevano spesso e con insistenza le ragioni per cui alcuni pugliesi vengono a rubare in Molise, mentre i molisani no. Chiedevano in altre parole di capire perché il Meridione continua ad essere considerato la terra delle mafie e dei ritardi del sistema infrastrutturale ed economico. Per quei diciottenni la Questione meridionale evidentemente non era risolta. Ad essi era necessario comunque dare una chiave di interpretazione. Attraversate la florida pianura del Tavoliere, fino a Bari – dicevo loro. Non farete difficoltà a notare una campagna ben coltivata. Poi la pianura Padana: anche qui la campagna è ben coltivata, con una differenza: un frutteto e subito capannoni industriali, un vigneto ed ecco altri capannoni industriali ecc. Qui è la differenza tra loro e noi. Senza mentalità imprenditoriale il Meridione continuerà ad essere quello che è. La delinquenza si nutre di mancanza di lavoro. L’assenza dei capannoni industriali nel nostro Tavoliere e in gran parte del Meridione, non ha forse nelle forme striscianti della mentalità latifondistica, che si nutre di sussidi europei, la ragione dell’assenza dell’impresa agricola, capace di creare lavoro stabile? Poi il clientelismo, non solo politico ma anche familistico che consentono di trovare sistemazione a casa propria ai soli fortunati del clan. Per gli altri c’è la valigia, quella dei nonni, con la differenza che ora non è di cartone. Ora non sono più a scuola. Non posso più dire loro che una nuova legge ha la pretesa di risolvere definitivamente la secolare Questione meridionale. Ciò che è chiaro a tutti noi è che le direttrici culturali ed economiche del nostro Paese sono e continuano ad essere unidirezionali: sud-nord. Dicono, però, che con gli amplissimi poteri che la legge Calderoli attribuisce alle Regioni, il Meridione potrà finalmente lasciarsi alle spalle il suo ritardo storico. Le nostre università, i nostri ospedali, le nostre fabbriche ospiteranno anche i cittadini del nord, l’alta velocità porterà in Sicilia in sei ore, i laureati troveranno lavoro a casa loro ecc… La legge Calderoli attribuisce alla politica una sorta di potere taumaturgico. E come non augurarci che ciò avvenga. Ma il passato che è dietro l’angolo non lascia ben sperare. E a proposito di alta velocità non posso non pensare alla linea ferroviaria Termoli-Campobasso, al suo ritardo nella messa in opera, ma ancor più alle ragioni per cui essa doveva passare per il comune di Casacalenda, sede di un deputato locale. Le conseguenze sono evidenti: i paesi del crinale a nord del Biferno di fatto furono tagliati fuori da ogni possibilità di collegamento con la direttrice adriatica. Dell’utilizzo di essa oggi: ogni commento è superfluo. Resta un interrogativo: davvero dobbiamo considerare la legge Calderoli una trovata del Nord per scrollarsi di dosso il Meridione? Non saprei rispondere. Ho vissuto per alcuni anni in quel Nord che vide la nascita della Lega di Bossi. Il consenso repentino di quelle popolazioni aveva una ragione precisa: le dure condizioni di vita. Erano gli anni Ottanta: nelle valli alpine, come nelle grandi città operaie la vita delle persone normali non era diversa da quella dei tanti paesi del nostro Meridione. Era quella Lega, come ebbe a dire D’Alema, una costola della sinistra. Ma era anche la Lega della secessione che nelle piazze urlava: Roma ladrona. Di acqua sotto i ponti ne è passata. Non passa invece il protagonismo dei successori di Bossi. Per questi la Questione meridionale è un problema dei meridionali, del loro ceto politico e imprenditoriale. Un nord predone delle risorse meridionali – dicono – è pura retorica. Sono i miliardi del nord che foraggiano il Mezzogiorno, non il contrario. Se esiste una questione meridionale a maggior ragione – dicono – esiste una questione settentrionale. Alcune di queste considerazioni sono persino condivisibili. Tra l’altro nelle città del Nord non ci sono solo lombardi, piemontesi o veneti. C’è la seconda e la terza generazione, figli e nipoti degli emigrati degli anni Cinquanta e Sessanta. Ci sono i nostri ragazzi che in massa frequentano le loro università, ci sono i nostri malati gravi che affollano le corsie dei loro ospedali. Certo che esiste anche una questione settentrionale. Ma la soluzione non sta nella contrapposizione, nella divisione delle regioni dello stivale. Debole appare anche la chiamata al referendum della sinistra. Priva di fatto di una proposta propria. La logica del sillogismo aristotelico insegna che la tesi (Legge Calderoli) non può essere contestata (antitesi) con argomentazioni che traggono i contenuti dalla stessa tesi. Il sillogismo della sinistra è monco: dalla tesi pensa di poter trarre direttamente le conclusioni. Senza una controproposta, la Sinistra è davvero certa che il referendum otterrà il quorum?

Prof. Giuseppe Biscotti

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