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domenica, Dicembre 22, 2024

Quale sicurezza? Alcune riflessioni per un cambio di prospettiva

AttualitàQuale sicurezza? Alcune riflessioni per un cambio di prospettiva

di Italo Di Sabato e Chiara Cancellario

Il tema della sicurezza nelle città è da sempre cavalcato in politica, perché consente di parlare alla “pancia” delle persone trattando in maniera semplicistica temi articolati e complessi.
Anche a Campobasso, negli ultimi mesi, la questione della sicurezza è stata posta al centro del dibattito pubblico e istituzionale, a seguito di alcuni episodi di cronaca e delle mozioni presentate dai consiglieri di opposizione. È indubbio che le preoccupazioni dei cittadini debbano essere prese in seria considerazione, ma siamo anche consapevoli che non debbano tramutarsi in paure. Il bisogno di sicurezza è reale. Ma è bisogno di sicurezza sociale, salariale, abitativa, sanitaria, ambientale. A seguito di ogni furto e rapina, si invoca un maggior dispiegamento di agenti di polizia o comunque un aumento delle attività di controllo poliziesco di territori e spazi. Una reazione che, una volta individuata la colpevolezza, sotterra la ricerca delle responsabilità e delle cause. Come se i fenomeni fossero isolati e non frutto di molteplici dinamiche sociali. Siamo certi che più polizia significhi automaticamente più sicurezza? Per questo motivo, è necessario fornire informazioni corrette e soprattutto stimolare una riflessione su cosa significhi, per una città di medie dimensioni come la nostra, sentirsi sicuri.
Per avviare questa riflessione, è utile partire dai dati più recenti sulla sicurezza e sulla qualità della vita. L’ultima classifica ItaliaOggi, pubblicata a novembre 2024, posiziona la provincia di Campobasso al quarto posto per “reati e sicurezza”, confermandola tra le più sicure d’Italia. La classifica del Sole 24 Ore, del 2023, pur collocandola al 36esimo posto per “giustizia e sicurezza”, evidenzia un miglioramento rispetto agli anni precedenti. Quest’ultima voce, oltre ai reati, considera anche il carico giudiziario.
In linea con questi dati, il rapporto BEST 2024 (Benessere equo e sostenibile dei territori) dell’Istat, appena pubblicato, conferma il Molise tra le regioni con i più alti livelli di benessere in relazione alla sicurezza. Infatti, tutti gli indicatori usati risultano ampiamente inferiori alla media nazionale: le denunce per furto in abitazione sono 164,4 ogni 100 mila abitanti (un valore di circa 62 punti inferiore al dato nazionale); le denunce di borseggio risultano 29,2 per 100 mila abitanti (circa 190 punti in meno dell’Italia); il numero di denunce di rapina è di 10,3 per 100 mila abitanti (circa 190 punti in meno alla media nazionale). La lettura di questi dati è abbastanza chiara: viviamo un territorio che è tendenzialmente sicuro, in cui le politiche già messe in atto riescono a garantire un livello di sicurezza addirittura superiore alla media nazionale.
Siamo però convinti che l’interpretazione di questo dato sia parziale, poiché manca l’altra faccia della medaglia, decisamente più importante e rilevante. Ci riferiamo alla sicurezza ambientale, alla sicurezza sociale e quindi a tutti quei nodi e quelle complessità che possono rendere insicura la vita nelle città, anche a Campobasso.
Rispetto al primo punto, ovvero la sicurezza ambientale, i dati parlano chiaro: Campobasso è tra i capoluoghi che soffre di più della crisi climatica, registrando quasi il doppio dei giorni di caldo estremo rispetto alla media nazionale. Inoltre, secondo il rapporto Città Clima 2022, Campobasso è stata al secondo posto in Italia per l’aumento in percentuale di decessi causati proprio dalle ondate di calore. Questo a fronte di soltanto 15,3mq per 100 abitanti di isole pedonali, 12,2 mq per abitante di verde fruibile e solamente 1,99 KW di potenza di energia prodotta da solare termico o fotovoltaico installato su edifici pubblici (Fonte:Ecosistema Urbano 2024). Non solo: secondo il rapporto Ispra sul consumo di suolo, Campobasso nel 2023 ha registrato 1.122 ettari di suolo trasformato.
Per quanto concerne la sicurezza sociale, caratterizzata da indicatori più articolati e complessi, i dati ASVIS evidenziano un deterioramento della situazione nel Molise, e quindi anche a Campobasso. In particolare, si registra un aumento della povertà relativa familiare (+3,4%) e della bassa intensità lavorativa (+4%). Nel 2021, il 25% della popolazione molisana viveva in abitazioni con problemi strutturali. Inoltre, tra il 2010 e il 2020, il rischio di povertà è cresciuto del 10,7%, mentre l’occupazione giovanile è diminuita del 3,5%. L’emigrazione sanitaria, con un incremento dell’8%, si attesta su livelli particolarmente elevati a livello nazionale.
Oltre ai dati sulla povertà, e strettamente connessi a questi, nella nostra “piccola” regione preoccupano, ormai da anni, alcuni dati relativi al disagio abitativo: sono 390 il numero di sfratti eseguiti nel 2022 (dato più elevato degli ultimi 10 anni) e, secondo il recente (ottobre 2024) rapporto del Ministero dell’Interno, 114 i provvedimenti di sfratto emessi nel 2023 con un + 6,54% (una delle poche regioni italiane con il segno +, insieme solo a Lombardia e Marche) rispetto al 2022.
Il Molise, dunque, è una delle pochissime regioni d’Italia in cui il dato relativo ai provvedimenti di sfratto emessi è in aumento: dei 114 emessi, 113 provvedimenti sono imputabili alla morosità degli inquilini; tutti sono concentrati nella provincia di Campobasso (56 a Campobasso e 57 nel resto della provincia).
La lettura che vogliamo dare di questi dati è quella di un territorio in cui l’emergenza sicurezza non si definisce e non si risolve certo nei termini della sicurizzazione. Campobasso, il Molise, così come le altre città europee, si trovano ad affrontare delle sfide importanti e complesse le cui soluzioni sono da cercare soprattutto nell’ideazione e promozione di nuove forme di governance, in una migliore progettazione e co-progettazione delle politiche e degli investimenti pubblici e in una pianificazione strategica a lungo termine finalizzata alla creazione rete solida di servizi pubblici di qualità e quindi di welfare.
La militarizzazione delle città, la richiesta di più forze dell’ordine, non è pertanto la risposta. Lo scorso aprile la decisione di munire la polizia locale di pistole d’ordinanza (armi che verranno conservate nelle case dei dipendenti poiché, si legge, la Polizia Municipale è sprovvista di un’idonea armeria) è stata ampiamente criticata da associazioni e sindacati, perché ritenuta ingiustificata e sproporzionata. Eppure, nessun passo indietro è stato fatto, e oggi è possibile vedere la polizia locale armata anche davanti agli istituti scolastici negli orari di ingresso e di uscita. Ma la questione della militarizzazione va oltre: basti pensare alla presenza costante delle forze dell’ordine nelle scuole, finalizzata alla promozione della “cultura della legalità”. Citando il Forum Disuguaglianze E Diversità: Quello a cui oggi stiamo assistendo è un processo di trasformazione della scuola e delle università italiane che, in nome di presunte esigenze economiche, gestionali, “pedagogiche”, strategiche, emergenziali, capovolge il dettato costituzionale che ne fa luoghi di trasmissione di cultura e di elaborazione di idee, di libero confronto e sviluppo del pensiero critico.
Non solo: abbiamo assistito, in campagna elettorale, alla correlazione tra la presenza di persone di origine straniera nel centro città e insicurezza. Ovviamente non ci meravigliamo di questa equivalenza, purtroppo non nuova nel discorso sulla sicurezza, ma ricordiamo che proviene dalla “coalizione civica” oggi in maggioranza nel governo della città.
Nonostante questi segnali poco rassicuranti, ci auguriamo che nessuna criminalizzazione del disagio trovi spazio nella definizione delle politiche cittadine e che venga riaffermato il “nessuno sia lasciato indietro” che ha caratterizzato la proposta politica della Sindaca in carica.

Chiara Cancellario
Italo Di Sabato

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