L’uomo che resta, il grande romanzo del cambiamento climatico di Marco Niro originario di Lucito. A un anno dall’esordio, Marco Niro torna in libreria con un’opera di grande respiro, un’avventura lunga venti millenni che unisce il passato, il presente e il futuro. In libreria dal 31 gennaio 2025, il secondo romanzo di Marco Niro, uno dei fondatori del collettivo di scrittura Tersite Rossi, s’intitola L’uomo che resta (Les Flâneurs Edizioni) ed è un’avventura epica che, nel segno del cambiamento climatico, unisce a doppio filo la preistoria, i giorni nostri e un domani lontano, ma non troppo. L’uomo che resta è ambientato in tre epoche diverse. Si apre nel paleolitico, laddove il clima è glaciale e una piccola banda di cacciatori-raccoglitori tenta di sopravvivere. Ne fa parte anche Artzai, un ragazzo emarginato per via della sua zoppia, che un giorno, nel ventre di una grotta, fa una scoperta straordinaria. Poi si passa ai giorni nostri: il clima si surriscalda, ma l’umanità non sa trovare la risposta al problema. Due archeologi, Bruno e Glenda, provano a cercarla sottoterra. La loro tenacia li condurrà a un’antica verità sepolta. Infine il salto nel futuro, fra alcuni secoli: il clima si è fatto torrido, ma gli abitanti di Gilanos hanno imparato a conviverci. Tra loro c’è Clizia, una ragazza curiosa, attirata dalle rovine del vecchio mondo, piene di oggetti tanto incomprensibili quanto affascinanti. Saranno proprio alcuni di essi a metterla in guardia dal pericolo che incombe. “In questo romanzo” racconta Niro “passato, presente e futuro si alternano costantemente, intrecciandosi in modo sempre più stretto e svelando sempre più chiaramente il filo rosso che unisce le tre vicende, dando vita a un’unica storia che finisce per sovrapporsi, come una metafora, a quella dell’uomo. I personaggi, seppur appartenenti a epoche diverse, vivono le medesime situazioni, spinti dalle medesime motivazioni: inquieti, vanno alla ricerca di qualcosa d’ignoto che, quando finalmente viene scoperto, inizia a muovere meccanismi più grandi di loro, costringendoli ad affrontare, nel lungo periodo, cambiamenti sconvolgenti e pericoli in grado di condizionare la loro stessa sopravvivenza”. Le tematiche affrontate dall’opera sono numerose, e di grande importanza. “Innanzitutto, il rapporto tra uomo e cambiamento climatico, e più in generale il rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive” spiega l’autore. “D’altra parte, parlare di temi del genere mi ha portato a riflettere sulla stessa specificità umana, ricercata fin dalle sue radici preistoriche e individuata nelle capacità di pensare in modo simbolico e di raccontare storie. L’uomo che resta ragiona costantemente sulla necessità di bilanciare il desiderio di scoperta e conquista insito nella natura umana con l’accettazione dei limiti ecologici, intesa come unica via di salvezza, per quanto lastricata da una dimensione tragica. Inevitabilmente, quindi, i personaggi del romanzo finiscono con il rappresentare la sempiterna contrapposizione tra la legge del più forte, che di quei limiti si disinteressa, e il solidarismo, che invece prova a rispettarli. Infine, non potevo esimermi dall’inquadrare questo discorso in ottica futura, introducendo il tema del post-umanesimo fondato sull’intelligenza artificiale, visto come nuova religione di un’umanità non più umana”. Tra crisi climatica e intelligenza artificiale, L’uomo che resta si presenta quindi come un romanzo decisamente attuale. “In effetti lo è, ma non l’ho scritto per cavalcare l’attualità” avverte Niro. “Le tematiche ambientali, intrecciate a quelle sociali, sono da sempre di mio interesse, sia professionalmente che soprattutto come cittadino. La spinta per scrivere questo romanzo, tuttavia, me l’ha data la lettura di un altro libro, uscito ormai dieci anni fa: La grande cecità di Amitav Ghosh. In questo suo testo, il grande antropologo e scrittore indiano ha osservato che il cambiamento climatico dovrebbe essere la principale preoccupazione degli scrittori di tutto il mondo. Eppure, ancora oggi, quasi nessuno lo rende oggetto di narrazione. La principale ragione di questo disinteresse sta, secondo Ghosh, nella tendenza della cosiddetta letteratura seria a marginalizzare elementi quali l’improbabile, gli interlocutori non-umani, gli ampi spazi e i lunghi tempi, la natura, la dimensione collettiva e la dimensione visiva. Ghosh sostiene che, solo facendo di questi elementi i pilastri delle loro narrazioni, gli scrittori saranno in grado di raccontare ciò da cui dipende la stessa sopravvivenza della nostra specie. Nel mio piccolo, con L’uomo che resta ho cercato di rispondere a questo appello e di dare il mio contributo”.
Marco Niro (1978) è giornalista e scrittore. Laureato in scienze della comunicazione, ha collaborato con varie testate giornalistiche e oggi, oltre a scrivere, si occupa di comunicazione ambientale. Ha all’attivo un saggio (Verità e informazione. Critica del giornalismo contemporaneo, Dedalo 2005), due libri per ragazzi (L’avventura di Energino, Erickson 2022; Alice nel Paese delle Tavole Imbandite, Erickson 2024), un romanzo (Il predatore, Bottega Errante 2024) e, con il collettivo di scrittura Tersite Rossi, quattro romanzi (È già sera, tutto è finito, Pendragon 2010; Sinistri, e/o 2012; I Signori della Cenere, Pendragon 2016; Gleba, Pendragon 2019) e due raccolte di racconti (Chroma. Storie degeneri, Les Flâneurs 2022; Pornocidio, Mincione 2023).