Terremoto dell’Aquila, il ricordo di quella terribile tragedia dell’allora giovane studente in Medicina, Angelo D’Ovidio di Trivento. Quella terribile notte Angelo, oggi dottor Angelo D’Ovidio, chirurgo d’urgenza e oncologico dell’ospedale dell’Angelo di Venezia-Mestre, era in casa con alcuni colleghi di studio, nel quartiere di Pettino, a poca distanza dall’Università. La stanza quella notte Angelo la condivideva con il suo collega di Isernia, oggi anch’egli medico, e due studentesse salve per miracolo, “loro abitavano in una casa proprio al centro della città – racconta Angelo – e dopo le prime scosse di assestamento, le abbiamo ospitate nel nostro appartamento e meno male, perché con la scossa delle 3.33, del fatidico 6 aprile 2009, il loro palazzo ha subito notevoli danni”.
Cosa ricorda di quei tragici attimi?
Ancora ricordo molto bene la scossa di terremoto e l’atmosfera surreale che si era creata. Qualcosa di indescrivibile, sembrava che il mondo si fosse fermato. Siamo usciti di corsa da casa e abbiamo organizzato i primi soccorsi, indirizzando le persone, spaesate e confuse, presso il parcheggio dell’Università, lontano dagli edifici, quasi tutti pericolanti. Abbiamo dormito in macchina, se possiamo dire dormito, in realtà non abbiamo chiuso occhio tutta la notte, la paura e l’ansia erano elevate, ci siamo resi conto da subito che era accaduto qualcosa di davvero grave. C’erano grosse difficoltà logistiche, le comunicazioni erano saltate, tutto era rallentato. Era uno scenario apocalittico.
Cos’è per lei il 6 aprile, cosa prova anche a distanza di tanti anni?
Penso sempre alla città che ho conosciuto i primi anni di Medicina, una Città che non sarebbe stata più la stessa. Sono tornato a visitarla, non solo ha cambiato volto, ma anche l’anima. In quel 6 aprile se n’è andato qualcosa, irreversibilmente, che non potrà più tornare. In questo giorno, noi ex studenti universitari, ci sentiamo per telefono, per condividere i ricordi e, soprattutto, quel senso velato di tristezza. Spero che quanto accaduto non rimanga un sacrifico vano. Spero che le politiche di prevenzione e di sicurezza diventino una prassi e siano sempre più adeguate al grado di rischio.
Lei è originario di Trivento, lì ci sono i ricordi dell’infanzia?
Si, è il mio paese natìo. Ci sono i miei genitori e appena posso, compatibilmente con i miei impegni, faccio un salto, per incontrare anche mio fratello e mia sorella, anche loro non più a Trivento. Adesso vivo a Venezia, ho una compagna, Chiara, e una bimba, Anna: d’estate la porto dai nonni, nella nostra incantevole terra molisana.