di PASQUALE DI BELLO
E’ giallo sui canoni di locazione applicati dallo IACP, l’Istituto Autonomo Case Popolari avrebbe percepito per anni somme superiori al dovuto. Ad affermarlo è la denuncia di un inquilino che si è rivolto alla Magistratura. Alla base del caso, una erronea determinazione della rendita catastale. La vicenda potrebbe riguardare numerosi inquilini configurando un indebito arricchimento dell’Ente.
E’ giallo sui canoni di locazione percepiti dallo Istituto Autonomo Case Popolari. A sollevare il caso davanti alla Procura della Repubblica di Campobasso è stato l’esposto denuncia di un inquilino, il sig. Pasquale Luciani, che per anni si è visto attribuire una rendita catastale superiore a quella dell’immobile occupato e un canone a suo dire superiore rispetto a quello dovuto. Inoltre, secondo quanto affermato dal signor Luicani, quello sulla rendita catastale non sarebbe l’unico errore, emergendo dalla corposa documentazione allegata al suo esposto una serie di incongruenze che riguardano la posizione dell’immobile, la sua classe e la metratura. Un ginepraio burocratico nel quale l’interessato si è dibattuto per anni sino a ricostruire l’intera vicenda e a sottoporla all’attenzione del giudice. Sul profilo penale la procura di Campobasso si è espressa per la insussistenza di fatti penalmente irrilevanti ma essa stessa non esclude – secondo le parole del sostituto procuratore Vittorio Gallucci che si è occupato del caso – la possibilità di un indebito arricchimento dell’Ente. Ogni doglianza – scrive il magistrato nella sua richiesta di archiviazione – potrà essere fatta valere nelle competenti sedi amministrative e civili. Il caso, quindi, resta aperto.
La vicenda, o meglio la scoperta, porta la data del 2014. Quell’anno il Governo nazionale introduce la TASI, tassa sui servizi indivisibili dovuta da chiunque e a qualsiasi titolo occupi un immobile. La tassa è commisurata alla rendita catastale, cosa che spinge il sig. Luciani a verificarne l’entità presso l’ufficio provinciale del Catasto di Campobasso. Con somma meraviglia Luciani scopre che la rendita dell’abitazione che occupa è pari a 298 euro e 25 centesimi e non ai 426,68 invece comunicati dallo IACP. Le note stonate, man mano che Luciani scava, sono anche altre e le scoperte si susseguono. A non quadrare non è solo la rendita. Non quadra il piano: Luciani vive a pianterreno e lo IACP invece attesta che vive al piano intermedio con tanto di balconi; non quadra la classe abitativa originariamente di categoria A/4 (abitazione popolare) e trasformata in A/3 (abitazione economica), non quadra la superficie, che al catasto risulta di 80 mq e che, invece, risulta secondo la stessa ammissione dello IACP di 57 + 8 di cantina + uno e mezzo di superficie verde condominiale. Non quadra anche un’altra cosa: l’appartamento in questione è stato venduto dallo IACP ad un terzo soggetto e senza che Luciani ne abbia saputo alcunché. Quello che però non quadra, più di tutto, è il canone di locazione che, afferma l’interessato, è stato calcolato in base a dati erronei. Alla richiesta di rimborso, l’IACP risponde picche opponendo, tra le altre cose, la prescrizione per la restituzione delle somme eventualmente ricevute in eccesso.
Le domande, in conclusione, posto che il magistrato non ha rinvenuto ipotesi di reato, sono diverse. Innanzi tutto: quanti inquilini nel corso del tempo sono stati oggetto di errori e di eventuali canoni maggiorati? E poi: l’eventuale indebito arricchimento dell’Ente a quanto equivale e, soprattutto, dov’è finito?