Dopo anni l’appuntamento a Castelnuovo a Volturno è stato cancellato. Nessuna corona d’alloro davanti alla stele che ricorda il partigiano Giaime Pintor nel luogo in cui perse la vita a causa di un mina piazzata dai soldati nazisti. Niente commemorazione ai piedi del monumento di monte marrone, dove cominciò a prendere forma il corpo italiano di liberazione. Quel brusio delle prime ore del mattino, preludio a una giornata di grande festa da trascorrere in un scenario unico, ha lasciato il posto a un silenzio irreale. Tutti chiusi in casa. L’unica cosa che in qualche modo ricorda questo anniversario sono le bandiere tricolore e gli arcobaleni esposti sui balconi. In verità c’è qualcos’altro che ricorda la liberazione e in particolare Giaime Pintor: il Partito comunista dei lavoratori ha infatti proposto alla commissione toponomastica del comune di Isernia di intitolargli via Giovanni Berta. L’idea, già formalizzata all’ente di Palazzo San Francesco, ha trovato piena condivisione da parte di diversi movimenti, comitati e associazioni delle province di Campobasso e Isernia:: “E’ inaudito – scrive Tiziano Di Clemente – che una delle principali vie di Isernia sia ancora intitolata a Giovanni Berta, simbolo di apologia del crimine fascista, segnatamente delle squadracce fasciste di Firenze, figlio del padrone di un’azienda metallurgica sostenitore del regime. Uno che incarnava la falsa propaganda sugli immaginifici “martiri” patacca in camicia nera, mai esistiti, costruita dal regime criminale di Mussolini. L’episodio del Berta si inquadra a Firenze e provincia nel contesto del febbraio 1921, quando, sotto la protezione dei carabinieri e dell’esercito, le vigliacche squadracce fasciste, finanziate dagli industriali e dalla borghesia agraria, assaltavano le sedi dei partiti di sinistra, le camere del lavoro, i municipi rossi, e soprattutto torturavano e uccidevano centinaia di operai, contadini e attivisti comunisti, socialisti, anarchici inclusi i bambini, con incursioni nelle loro case e violenze anche sui loro familiari senza farsi mancare gli stupri, tanto per completare il loro bestiario. Dopo la Liberazione finalmente tali infami nomi di vie furono ovviamente cancellate dappertutto, anche perché vige il divieto di apologia del fascismo sancito dalla stessa Costituzione; ed infatti l’esistenza di tale intitolazione a Isernia rappresenta anche un reato di apologia del fascismo non rimosso.
E ad Isernia essa è ancor più vergognosa, poiché si pone in una delle sue principali vie. Isernia, che peraltro è Città medaglia d’oro per la strage subita proprio a causa della guerra in cui il regime fascista trascinò disastrosamente l’Italia, sia pure in combinato disposto con le responsabilità delle criminose bombe Usa.
Ciò premesso, ed anche per bilanciare questa profonda offesa che la Isernia civile e democratica ha dovuto subire per oltre 75 anni, si avanza la proposta di intitolarla a Giaime Pintor, il giovane partigiano scrittore, morto a 24 anni, il 1 dicembre 1943, per liberare l’Italia e dunque anche la nostra terra di Isernia dalla barbarie nazifascista.
Morto qui, a pochi chilometri da Isernia, ai piedi di Monte Marrone e delle splendide nostre Mainarde, che tuttavia continueranno anch’esse ad osservare stupite la nostra città, qualora una via importante di un capoluogo di Provincia dovesse sancire l’oblio sulla memoria di quel giovane e valente partigiano, sacrificatosi per la libertà e un mondo migliore, per preservare quella di un lugubre simbolo di quel virus e di quel male assoluto che infestò l’Italia per vent’anni, e che ancora oggi circola pericolosamente sotto varie forme e doppio petto.
Ovviamente la memoria del partigiano Pintor e del suo grande significato per l’oggi e per il futuro progresso civile e sociale, non ha bisogno di presentazione per chi conosce la storia in generale e la storia della nostra terra.
L’intitolazione di una strada importante di Isernia, sia pure molto tardiva, colpevolmente tardiva visto lo spessore della memoria antifascista che essa rappresenta per la nostra terra, rappresenterebbe un fatto importante non solo sotto il profilo simbolico, bensì un concreto passo avanti dal punto di vista culturale e civile per la nostra città, un richiamo di rinnovata attenzione soprattutto per le giovani generazioni chiamate a costruire una società migliore, prospettiva che non può mai prescindere proprio da quella memoria storica, da quei valori di libertà e giustizia sociale, da quella primavera a cui aspirava il cuore del movimento partigiano, quello operaio, contadino e popolare. Perciò, il diniego a questa istanza, lo si annuncia sin da ora, significherebbe la vostra volontà di perpetrare l’offesa gravissima all’Isernia civile e democratica. Dunque, a voi la scelta, tra l’apologia della barbarie e la memoria della civiltà”.