Di ANGELO PERSICHILLId
Qualcuno mi chiedeva se fossi contento per la vittoria di Joe Biden. Ho risposto che ero contento per la sconfitta di Trump, ma bisognava aspettare per giudicare Biden. Infatti, la mia gioia per la sconfitta di Donald Trump è attenuata proprio degli sguaiati festeggiamenti da curva-sud di chi non ha niente a che fare né con Biden, né col Partito Democratico americano, ma che gioiscono per la sconfitta del loro nemico di turno. Sono come i tifosi di una squadra che non vince mai uno scudetto e l’unica occasione per festeggiare è la sconfitta dell’avversario.
Le elezioni americane sono l’inizio di un difficile cammino per la ricostruzione di una società gravemente danneggiata, per il consolidamento di una economia dal futuro incerto e per la gestione di una pandemia che ha messo il mondo sotto sopra.
Ecco perché trovo prematuri i commenti sui ‘social’ di persone che credono di avere fatto tombola inneggiando a un presidente del quale possiamo dire, per ora, solo che è una brava persona. Fattore importante dopo quattro anni di presidenza Trump, ma non basta.
La vittoria di Biden era necessaria perché ci consente di voltare pagina allontanando Trump dalla Casa Bianca e, per la prima volta, facendo entrare una donna, Kamala Harris, come vicepresidente. Ma Trump non porta via con sé i problemi, lascia più o meno tutti quelli che aveva trovato e, forse, qualcuno in più.
C’è una pandemia mondiale che sta massacrando l’America (e il mondo), una economia che è appesa a un filo, una società americana dilaniata da divisioni che, se Trump continuerà a fare…Trump, potrebbero sfociare in una guerra civile. Ad aggravare la situazione, c’è anche una stampa discreditata, incapace di riportare fatti e informare invece di aizzare uno contro l’altro. Indro Montanelli, come ricorda Paolo Granzotto nel suo libro sul famoso giornalista, disse di essere diventato antifascista “non perché al posto di Mussolini ci volevo un altro, ma perché non ci volevo nessuno. Io volevo stare alla finestra, come stanno i giornalisti, mestiere di spettatore e non di attore”. Oggi, giornalisti alla finestra non ce ne stanno, sono tutti in strada a fare a botte.
Vedo masse giubilanti per tale risultato positivo. Ma vedo anche che per molti la sconfitta di Trump è un punto di arrivo, non un punto di partenza verso un traguardo che, purtroppo, nessuno conosce.
Ecco perché queste celebrazioni da curva sud mi fanno tenerezza. Vi sono commenti di persone che fino a qualche settimana fa non sapevano nemmeno fare lo spelling della parola “Biden”, non erano nemmeno a conoscenza dell’esistenza della Harris e oggi parlano come politologi provetti che inneggiano a “Joe e Kamala” come se fossero Napoleone e Giovanna D’Arco. Sinceramente auguro a loro tutto il bene possibile perché un altro fallimento dell’amministrazione americana, dopo quelle di Obama e Trump, significherebbe consegnare in via definitiva buona parte del mondo nelle mani di Cina, Russia, dello stesso leader turco Erdogan o degli Ayatollah.
E in Italia? Stessa situazione, con l’aggravante della mediocrità della classe politica nazionale.
Il primo ministro Joe Conte, o se preferite Giuseppe Biden, è decisamente una brava persona che sta dimostrando capacità di sopravvivenza inusitate, anche se il suo compito è facilitato in quanto coloro che lo sostengono, più che supportarlo, lo sopportano con un “meglio lui che uno del PD”, oppure “meglio lui che un Di Maio”. Personalmente credo che, considerando il contesto, Conte stia facendo un buon lavoro, ma tale credito non gli verrà mai riconosciuto soprattutto dai suoi alleati in quanto un suo successo potrebbe annegare le loro ambizioni future. E così, ogni volta che le liti interne diventano inevitabili, cambiano discorso e arringano le piazze contro Matteo (non Renzi, l’altro). E potete essere certi che, dopo la scomparsa di Trump, per mantenere occupata la massa ciurlante su Facebook, riprenderanno gli attacchi contro il Matteo non-Renzi.
Quindi si riparte, the show must go on, ovvero…e la caciara va. Il Covid minaccia di dilagare nonostante i sacrifici di milioni di italiani, Conte continua a girare per le capitali europee elemosinando qualche miliarduccio ma, nonostante promesse di milioni di euro fin da marzo, ha raccolto solo pacche sulle spalle. Nel frattempo, i programmi televisivi sono inguardabili per la scarsa professionalità dei giornalisti capaci, in massima parte, solo di reclutare energumeni, mentre George Orwell si starà rivoltando nella tomba in quanto lo show più guardato è quello di qualcuno che sta usando il Big Brother del suo “1984” per contare i fidanzati di Elisabetta Gregoraci.
L’unico cambiamento potrebbe venire dagli sbarchi nel Mediterraneo. Ora che la Francia di Macron è stata punta sul vivo, credo che qualche cosa accadrà.
E comunque, quando non avete proprio niente da criticare, non dimentichiamo un “Abbasso Salvini!” che fa sempre audience su Facebook.