Di Angelo Persichilli
Il quadro politico italiano mi sembra un’opera di Picasso, nel senso che è un capolavoro ma che solo pochi appassionati capiscono. Per la maggioranza di noi comuni mortali rimane una gran confusione. Tra tutte le confusioni spicca quella all’interno del M5S. Cosa succede?
Semplice: il Movimento non è più un Movimento ma è diventato un partito. Non ci sarebbe niente di male se non fosse che lo scopo principale del Movimento di Beppe Grillo era proprio quello di abbattere i partiti che riteneva corrotti.
Grillo aveva fatto una diagnosi giusta, ma la sua prognosi è stata come il vaccino anti-Covid: c’è, ma non si vede, o si vede un giorno in un posto, poi in un altro. Proprio come i Cinque Stelle: avevano prima strizzato l’occhio al PD che li avevano snobbati, sono quindi partiti con Salvini e la Lega, poi sono tornati al PD col supporto di Italia Viva e ora vogliono fare un patto col PD e con la sinistra di Liberi e Uguali (non so se è una aspirazione o un programma) che, da quando è finita l’Unione Sovietica, sono sempre in cerca di una croce da portare in processione.
Ma torniamo al Movimento. Bisogna dire che i fedigrafi non sono mai stati i grillini; sono stati sempre gli altri a lasciarli sull’altare. Prima sono stati travolti dal (in)solito Matteo Salvini nell’azzurro mare d’agosto (mese delle stelle cadenti), quindi sono stati sedotti e abbandonati da Matteo Renzi (ha creato Conte che poi ha spazzato via); ora cercano il matrimonio riparatore col PD. I presupposti politici di questa unione ce li spiegheranno in futuro; nel frattempo Grillo ha messo una condizione non negoziabile per dare il via libera a questa alleanza: il leader, presente o futuro, del partito alleato non dovrà mai chiamarsi Matteo. Zingaretti si è subito reso disponibile: se per voi va bene, ha detto, chiamatemi Nicola, ma se non vi piace chiamatemi anche Biancaneve, a me va bene tutto.
Primo problema risolto, ma ne rimangono altri novantanove. Cominciamo dall’ultimo: dicono che il Movimento si stia sbriciolando. Non è completamente vero in quanto la base è stata sempre formata da briciole, nel senso che non sono tenute insieme da una fede politica, ma dall’odio (giustificato) contro una classe politica corrotta e incapace. I sostenitori del Movimento grillino sono di varia estrazione partitica tenuti insieme non da motivazioni ideologiche, ma sociali. Volevano estirpare la corruzione identificata, come diceva, giustamente, Grillo, con i partiti politici che andavano distrutti. Invece ora si ritrovano partito politico alleati con chi volevano distruggere. E ci chiediamo perché la base si ribelli?
Quello che Grillo e i suoi collaboratori avevano ignorato era che con gli slogan, come ‘In carcere i politici ladri’, si fanno e si vincono anche le campagne elettorali, ma non sono un programma di governo. Con gli slogan si riempiono le piazze ma, ammesso (e non concesso visto che i corrotti li mette in carcere Nicola Gratteri) che si siano arrestati i ladri ed eliminata la corruzione, poi bisogna comunque governare.
Credo che la base elettorale del M5S sia stata la più fedele, la più tollerante e la più leale con i propri leader, altrimenti non li avrebbero seguiti nell’alleanza con Salvini prima, con Renzi poi, e col duo Conte-Zingaretti.
Ora, mentre appoggiano il governo Draghi, insieme a Berlusconi e Salvini, vengono fuori con questa alleanza ‘strategica’ col PD e l’estrema sinistra di Leu e si riservano di spiegarla ai seguaci in futuro. Come dire, appoggiamo il governo ma il programma lo invieremo poi via e-mail. Insomma, attaccano Salvini, fanno alleanze ancora da definire con gli anti-salviniani e sono al governo con Salvini. L’unica cosa in comune è l’odio politico per Salvini, mai con lui, dicono, a parte stare insieme al governo. Probabilmente non andranno mai a giocare a padel con lui.
Chiaro, no? L’alleanza giallorossa è fatta, manca solo un accordo strategico con la Roma di Fonseca per offrire a Dzeko l’incarico di responsabile alle pubbliche relazioni al posto di Casalino, in cambio di Di Battista, che a Trigoria verrebbe usato come ala sinistra tornante (nel senso che poi tornerà a fare politica), e Conte (Giuseppe non Antonio) il quale, vista la sua abilità di gestire i colori, avrà il compito di controllare il colore delle maglie dei giocatori per assicurarsi che in campo non ci siano più di undici alla volta. Insomma, viva i giallorossi.
PS: ogni allusione al mio tifo calcistico è puramente voluta.