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martedì, Ottobre 22, 2024

Danni maltempo, anche Toro e Campodipietra chiedono stato di calamità

AttualitàDanni maltempo, anche Toro e Campodipietra chiedono stato di calamità

I comuni di Toro, Campodipietra e San Giovanni in Galdo, nell’hinterland campobassano, alle prese con la conta dei danni dopo il nubifragio e la grandinata del 3 agosto.
Il sindaco di San Giovanni in Galdo, Domenico Credico, ha già inoltrato alla Regione e alla Prefettura di Campobasso la richiesta per il riconoscimento dello stato di calamità naturale.
Le prime stime dei dianni, ha fatto sapere il sindaco, ammontano a centinaia di migliaia di euro.
“I chicchi di grandine erano enormi – ha detto Credico – e hanno distrutto ogni cosa, mai visto nulla di simile”.
A San Giovanni in Galdo ci sarà a breve una seduta del consiglio comunale per fareil punto della situazione.
Intanto i cittadini sono stati invitati a segnalare i danni mentre si stanno predisponendo i sopralluoghi.
Allagamenti, coltivazioni distrutte, autovetture ammaccate e situazione critica al cimitero comunale, invaso dal fango e con alberi caduti e cappelle gentilizie allagate. Il maltempo ha provocato danni significativi anche alle fognature, allagamenti nelle case private, nelle cantine e nelle attività produttive e commerciali.
Anche il Municipio di San Giovanni in Galdo è completamente allagato, con danni al campanile e alle apparecchiature interne.
Analogo iter sta per partire a Campodipietra, dove il sindaco Giuseppe Riccitelli sta raccogliendo le segnalazioni dei cittadini, con l’area del tratturo particolarmente colpita. Anche qui, i raccolti e le auto sono stati danneggiati dalla grandine. Per questo Riccitelli ha annunciato l’intenzione di chiedere lo stato di calamità naturale alla Regione.
A Toro, altro comune devastato dalla grandine, il sindaco Roberto Quercio ha attivato il centro Coc per raccogliere le comunicazioni dei cittadini e passare tutto all’ufficio tecnico per una quantificazione più precisa dei danni. “Abbiamo avuto diverse strade invase da fango e detriti, ma sicuramente – ha detto Quercio – a rimetterci di più sono state le colture”.

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