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sabato, Febbraio 8, 2025

Il ricordo di Vittorio Grande “all’ombra del campanile” nel suo 82° compleanno non compiuto

AttualitàIl ricordo di Vittorio Grande “all’ombra del campanile” nel suo 82° compleanno non compiuto

 

di Vincenzo Di Sabato

Ricorre, oggi 8 febbraio, l’82° compleanno non compiuto di Vittorio Grande. Amo ripensarlo. Desidero riguardarlo!
Lui, Grande nel cognome, piuttosto piccolo nella corporatura; “umile ed alto” nel dinamismo e nell’armonia amicale. Un “forte” nel saper soffrire e un “debole”nel dover gioire. E’ morto a Roma il 20 ottobre 2004, aveva 63 anni. Un amabile e pensieroso amico mio d’infanzia. Con lui ho giocato, sofferto, sognato. E, con lui ho trascorso le agitazioni dovute al più grande travolgimento epocale, politico, economico, ecclesiale, culturale, tecnologico; inimmaginabile addirittura per la sbalorditiva intensità di tempo dentro il quale è capitombolata l’intera umanità. Per qualunque altra epoca il tempo avrebbe dovuto scarrucolare sul mondo per diecine di secoli. E’ stata conquistata, infatti, la Luna e scoperto il computer, escogitata la bomba atomica, ideati gli antibiotici e i cellulari. Anche la scienza ha rivoluzionato tutta la nostra storia. E a lui, a Vittorio, lamentavo: “ma chi mai, “chi” in mezzo a tutto questo frangente, ricorderà più il nostro villaggio, il piccolo e “grande” patrimonio di tradizioni, di personaggi, di canti, mestieri, cibi, di religiosità, di giochi?
Ebbene, Vittorio Grande, umanista, docente a Roma di storia, filosofia, pedagogia – sul finir degli anni ’70 – scrive “Giorni di scuola in classe” e poi “Volo senza riserve”, una libera dissertazione storica, letteraria e giornalistica di un Molise al cospetto dell’Europa. E, appena dopo – accontentandomi – egli va ad inoltrarsi nei meandri della memoria e, con limpida introspezione, mette a punto nel 1993 “All’ombra del campanile”: memoria letteraria, antropologica, storica e filosofica di una comunità in cammino. Un libro, un atto d’amore, presentato a Guardialfiera, l’11 agosto di quell’anno, da Vittorio Feltri, suo amico, fra un’accalorata moltitudine anche di ex compagni d’infanzia.
Dall’osservatorio del campanile, aperto alle spirali dei venti del modernismo, Vittorio Grande spazia ed esplora nelle diverse direzioni, un mondo che è sempre più bisognevole di umanità. Lui, orfano del papà disperso in Russia nell’ultimo conflitto mondiale e mai rintracciato, dedica il libro alla mamma Jolanda Romagnoli, originaria di Casacalenda, che “non possedeva niente e che mi ha dato tutto”. Con una prosa fresca e deliziosa, fa adagiare il libro sul fondo dei pensieri, riproponendo Guardialfiera in uno spaccato di vita fra creature “magiche”, impastate di delirio, ancor concrete nei nostri ricordi, ma evanescente e rarefatte nella realtà dei giovani d’oggi.
Capitoli brevi, ma con il respiro ampio. Un mosaico di tante perle che brillano sul cielo di Guardia a confortare e a confermare l’attuazione del testamento letterario ed umano di Francesco Jovine. Quella di Vittorio, dunque, fu la scommessa che condensò in un libro: vicende, curiosità, fatti storici e pieghe d’animo confortato pure, ad ogni sfogliar di pagina, da un suggestivo album fotografico di famiglia. E’ l’insieme di mezzo secolo di sacralità e tenerezze d’affetti, di intraprendenza di giusti, silenzi di buoni, spregiudicatezze di audaci e profumo di virtù nostrane.
E’ un breviario di sacralità. Una sorta di “liturgia delle ore” che ho recitare volentieri in una sorta di lode mattutina, oggi, fra la consapevolezza e del passato e le contraddizioni del presente.
vincenzo di sabato

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