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martedì, Dicembre 24, 2024

Paleolitico, Peretto bacchetta Emilio Izzo

RegionePaleolitico, Peretto bacchetta Emilio Izzo

Immediata la replica di Carlo Peretto, dell’università di Ferrara, alle accuse di Emilio Izzo della Uilbac Molise. Quest’ultimo aveva scritto di reperti del paleolitico portati fuori dal Molise. Ecco quello che replica lo studioso, ribattendo, punto per punto al sindacalista.
Si riporta di «Un pulmino dell’università degli studi di Ferrara ha prelevato dal costruendo museo del Paleolitico un notevole quantitativo di cassette con materiale archeologico preistorico, manufatti e resti ossei per portarli in quel di Ferrara per motivi di studio e restauro».
Quella definita “spoliazione” non è altro che un atto previsto dalla legge: il concessionario dello scavo, in questo caso l’Università di Ferrara, deve provvedere allo studio e al restauro del materiale archeologico. Non è la prima volta che questo avviene e non sarà certo l’ultima: parti consistenti di materiale vennero trasportate negli anni passati presso i laboratori di Ferrara e altri specializzati per poi rientrare a Isernia. Gli addetti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dovrebbe essere a conoscenza di questa normativa.
«Si tratta di reperti in gran parte già studiati e spesso restaurati; non sempre, peraltro, questi studi hanno prodotto risultati soddisfacenti».
Lo studio dei materiali non termina mai; è la ricerca scientifica qualificata che lo impone, anche alla luce delle sempre più moderne tecnologie che vengono utilizzate. Inoltre, l’opinione negativa sui risultati raggiunti, quasi certamente dipende da una scarsa dimestichezza all’accesso dell’editoria scientifica internazionale; una ricerca bibliografica approfondita, magari non limitata ad un ambito esclusivamente provinciale, rileva l’alto numerose di pubblicazioni scientifiche su riviste di prestigio. Per questo allego quanto pubblicato su Isernia e il territorio provinciale negli ultimi tre anni.
«Una miniera di inestimabile valore di reperti archeologici che continuano a viaggiare per altri lidi senza mai risolvere il problema di come studiarli in loco […]Eppure un museo in costruzione ha tutti gli spazi, se si vuole, per accogliere scavo, ricerca, restauro ed esposizione.».
Vero solo in parte. Gli spazi esistenti sono mancanti di attrezzature specifiche, collezioni di confronto e di una strumentazione ad alta tecnologia. Chi ha una seria esperienza in questo settore comprende appieno queste problematiche.
«Invece si è preferito lasciare largo mandato ad una università esterna al Molise privando (sia pure momentaneamente) il territorio di beni di inestimabile valore storico. La sistematica spoliazione conduce i molisani verso un lento ed inesorabile declino culturale ed economico».
In questo passaggio noto una certa approssimazione perché il territorio non è in alcun modo privato dei reperti di Isernia, anzi quanto finora fatto li ha portati alla luce e ha fatto conoscere Isernia al mondo intero. A mio modesto parere in ben altre orizzonti va posato lo sguardo per capire quale patrimonio si sta perdendo: dei giovani che non trovano lavoro e dei molti costretti ad emigrare; della meritocrazia sostituita da un evidente clientelismo; del rispetto per chi lavora mettendoci la faccia e il nome non solo in ambito locale, ma in un consesso mondiale.
«Anche un importante congresso organizzato dall’università di Ferrara in cui era in palio una borsa di studio messa a disposizione del Rotary di Isernia per giovani ricercatori intitolata alla memoria degli scienziati tragicamente morti in aereo nella zona della Pineta, s’è tenuto in Emilia Romagna, non nella Regione che ospita il paleosuolo».
Per quanto riguarda il Premio istituito all’interno del XX Congresso nazionale di Antropologia, finanziato sia dal Rotary di Isernia, ma anche dall’Associazione degli Antropologi Italiana e soprattutto dall’Università di Ferrara e presieduto dal sottoscritto, ho il dovere di affermare che non è la prima volta che l’Università commemora le persone perite nell’incidente aereo di Isernia: lo ha fatto più volte perché Martino Ferrari, Fabio Vianello e Corinne Crovetto erano dottorandi e diretti collaboratori dell’Università di Ferrara. Forse sono troppo critico? Invito chiunque ad evitare di esprimere giudizi pretestuosi e volontà di possesso su una tragedia che in questi giorni (5 ottobre) commemora i venti anni.
«Si termini il museo, si faccia tutto ciò che in esso si può fare, istituiamo un corso di laurea in paleontologia, apriamo l’auditorium anche e soprattutto a sede universitaria, portiamo in Molise i migliori professori».
Splendida l’idea del corso di laurea in Paleontologia, ma anche in questo caso sembra di essere fuori dal contesto nazionale. La normativa e la richiesta governativa al rispetto del bilancio non consentono voli pindarici. Inoltre le regole imposte tra AVA, SUA, NdVal, CO.RE.CO., Parti Sociali, DID, CdS, RS, Senato Accademico, CdA, Piano di Studi, coperture docenti, garanti, numero minimo di iscritti, CUN non lascia molto spazio. E’ auspicabile invece una maggiore collaborazione tra le istituzioni, senza continuare a considerare i non molisani degli alieni, come si vuol far credere per quanto riguarda l’Università di Ferrara.
«[…] allargare la forbice della formazione universitaria, penso però che non dobbiamo più perdere tempo con corsi di laurea inutili, Isernia ha sempre avuto la più grande occasione senza sfruttarla, il paleolitico appunto»
Questa è una affermazione decisamente pesante alla quale una risposta compete a coloro che supportano i corsi di laurea che insistono su Isernia. Peccato comunque che non vengano citati, forse per a brevità dell’articolo, i corsi ritenuti inutili.
«[…] licenziamo Ferrara che ha fatto abbondantemente il suo tempo».
Si licenzia per dichiarato fallimento, oppure perché si ha in mente qualcos’altro. Comunque l’Università di Ferrara, tra le prime nella graduatoria italiana, ha l’iter formativo completo sui Beni Cultural, con particolare riferimento alla Preistoria, attraverso una specifica filiera formativa: Laurea triennale in Scienze e Tecnologie per i Beni Culturali; Laurea Magistrale in Quaternario, Preistoria e Archeologia, interateneo con l’Università di Modena e, dall’anno prossimo, con altre università italiane; Master e Dottorato internazionale in Quaternary and Prehistory finanziati dalla Commissione Europea. Inoltre l’Università di Ferrara ha formato e sta formando diversi molisani, attraverso dottorati di ricerca, in discipline preistoriche. Infine bisogna ricordare le numerose concessioni di scavi preistorici che l’Università di Ferrara ha in 10 regioni italiane, tutti conosciuti in ambito internazionale come quello appunto di Isernia La Pineta e molto apprezzati dalle realtà locali.
«Un altro studioso isernino Bruno Paglione negli anni ha raccolto, studiato e conservato centinaia di reperti. L’intera collezione è stata ‘donata’ al museo del paleolitico ma da anni giace nelle casse senza che sia mai stata esposta al pubblico».
Anche per i reperti trovati da Bruno Paglione, recentemente pubblicati in una monografia, si è vero sono da esporre. Tuttavia questa affermazione, a mio modestissimo parere, tradisce una piccolissima punta di inesperienza sul moderno significato del museo. Le raccolte di Bruno Paglione sono molto importanti, ma costituiscono un fattore di conoscenza fuori contesto. In questo caso è l’oggetto che primeggia. L’oggetto diventa un riferimento assoluto e la sua storia è difficile da comprendere oltre al valore cronologico e stilistico. Esporre quindi oggetti non significa fare un museo, ma semplicemente aprire un deposito al pubblico. Il museo oggi deve raccontare una storia, un evento o meglio una sequenza di eventi in grado di farci capire la nostra origine e il suo percorso tecnologico, culturale, sociale, simbolico e spirituale. Ecco in questa dimensione io riconosco un museo, non nell’eventualità di una esposizione di migliaia di oggetti.
«[…] il paleolitico fa gola a tutti».
Fa gola solo a quelli che hanno l’idea di possesso e non di gestione; a coloro che fanno come il cuculo; a coloro che pensano che una realtà culturale sia una fabbrica di soldi; a coloro che credono che basti una vanga e scavare terra per diventare scienziati; a coloro che non distinguono la povertà di spirito intrinseca al provincialismo; a coloro che credono di essere l’ombelico del mondo; a coloro che per far finta di capire le cose si inventano Homo aeserniensis; a coloro che non distinguono la ricerca dalle patacche; a coloro che fanno perdere i soldi e basta; a coloro che confondono politica e ricerca; a coloro che fanno un pastone unico di tutto; a coloro che parlano e parlano e parlano ancora; a coloro che ascoltano chi parla da incompetente; a coloro che trovano una ragione per inventarsi delle cose e travisare la realtà; a coloro che non sanno cosa sia la lealtà; a coloro che non hanno compreso che la ricerca è laica e libera; a coloro che non hanno capito come si vive in un mondo di rapporti e di relazioni civili.

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