Primarie sì primarie no. E’ questo il dilemma che il Partito democratico non riesce ancora a sciogliere per individuare una candidatura a sindaco per i comuni di Campobasso e Termoli. Sullo sfondo della vicenda, una lotta sotterranea tra le spinte autonomiste e il tentativo di condizionamento del potere centrale con sede in Regione.
Tra qualche ora, forse, sapremo se il Partito democratico che le primarie le tiene pure per stabilire quale ombrellone affittare al mare, le celebrerà anche per individuare i candidati a sindaco di Campobasso e Termoli. Il condizionale è d’obbligo poiché, come certi orologi molto diffusi tra gli agrari, le primarie del PD sono un meccanismo a “cucù”: ad ogni ora appare da una finestrella un uccello accompagnato da un suono, “cucù cucù cucù”, e pare che le primarie si facciano; poi l’uccello si ritira e le primarie spariscono di nuovo, sino all’ora successiva quando la scena si ripete. Ultimamente poi, a seconda dell’aria che tira e del tempo che fa, il meccanismo ad orologeria è diventato ancora più sofisticato ed ha preso le fattezze di altri orologi, molto diffusi tra il Tirolo e la Baviera, quelli dove appaiono alternativamente, fuori da una casetta in legno, un contadino o una contadina in costumi e panni tipici del luogo. Che tutto nel PD vada a cucù, ce lo dice anche l’annosa questione della Giunta Frattura, quella nascente, più somigliante ad una gravidanza isterica che ad un parto. Anche in questo caso, ad una certa ora del giorno c’è un cucù che annuncia la nascita imminente, salvo poi lasciare le cose come stanno e riporre l’uccello in gabbia.
Fatta questa doverosa premessa e archiviato il “tic tac” di fondo, bisogna chiedersi cosa si nasconde dietro ai tentennamenti che riguardano Campobasso ma, ancor di più, Termoli. E’ presto detto: quel che si cela dietro tutto ciò è il tentativo delle burocrazie centrali e del potere regionale di mettere le mani sulla città. Anzi, sulle città. Il centrosinistra, a questo giro, tenterà di fare cappotto, come direbbero i giocatori di ramino, conquistando le due principali città del Molise. Isernia l’hanno già agguantata la scorsa primavera. Ma più che un cappotto, il tentativo è di fare un cappottino. Vincere sì ma – questo il giochetto in corso – farlo con figure eterodirette dalle burocrazie centrali e dal potere regionale. Personalità autonome che emergessero dalle primarie, potrebbero nel lungo periodo diventare pericolose perché poco manipolabili e poco rispondenti ai desiderata di chi oggi fa carte. Ecco perché si sente parlare di tavoli tra segretari e tavolini tra ufficiali di complemento. Il tavolo, come noto, non è solo il posto dove consumare i pasti ma è anche il luogo dove ammassare la pasta di pizze indigestissime ai cittadini. Un esempio per tutti, quello di qualche anno fa che individuò nel notaio Greco il sindaco salvatore di Termoli e che invece si rivelò un clamoroso flop.
Questa storia delle primarie a cucù non è certo una buona partenza per il nuovo segretario Fanelli, fresca di elezione proprio attraverso le primarie. Il meccanismo messo in piedi ormai da anni dal PD può piacere o meno ma è un dato di fatto che sia più che una consuetudine una vera e propria regola. La questione, dunque, non dovrebbe nemmeno porsi e le primarie, da quella parte politica, dovrebbero essere una sorta di automatismo da far scattare ad ogni elezione. E a nulla vale l’obiezione di individuare una candidatura unitaria che metta tutti d’accordo e faccia tutti contenti. Ci vorrebbe un Berlinguer ma qui, purtroppo, girano ancora troppe vecchie mummie e altrettante solenni cariatidi . Ma c’è ancora qualche ora di speranza, e gli elettori del centrosinistra possono sempre confidare nella Provvidenza.