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venerdì, Dicembre 27, 2024

Elezioni regionali. L’ombra del rinvio tecnico sul Consiglio di Stato

AttualitàElezioni regionali. L’ombra del rinvio tecnico sul Consiglio di Stato
Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato

Cresce l’attesa per il pronunciamento del Consiglio di Stato, chiamato il prossimo 16 ottobre a confermare o riformare la sentenza del Tar Molise che ha annullato le elezioni regionali del 2011. Intanto, tra le due ipotesi, ne fa capo una terza: quella del rinvio della decisione ad altra data a causa di una modifica avvenuta all’interno del collegio giudicante. Due dei cinque magistrati componenti il collegio sono cambiati, potrebbe quindi scattare un rinvio tecnico legato che permetterebbe a tutti i giudici di avere piena cognizione della documentazione oggetto del ricorso.

 Il diavolo, come noto, si annida sempre nei dettagli e anche questa volta Belzebù potrebbe confermare la regola. Parliamo dell’atteso pronunciamento del Consiglio di Stato che, il prossimo 16 ottobre, sarà chiamato a confermare la sentenza di annullamento delle elezioni regionali del Molise disposta lo scorso 17 maggio dal Tar, oppure, riformando quella sentenza, lasciare le cose, il mondo e la Regione così come stanno.

Qual è il dettaglio dove satanasso avrebbe preso casa è presto detto. Si tratta del collegio di magistrati chiamati ad assumere la decisione, mutato per due quinti rispetto a quello originario. I cinque giudici che martedì prossimo saranno chiamati all’arduo pronunciamento sono: Stefano Baccarini (Presidente), Nicola Gaviano (relatore), Manfredo Atzeni, Francesco Calingella e Carlo Saltelli. Di questi, Atzeni e Calingella sono due innesti rispetto al collegio di partenza, essendo due dei magistrati della prima composizione finiti ad altre cause. Una sostituzione tecnica dovuta ad una redistribuzione dei carichi di lavoro tra i magistrati del Consiglio di Stato, secondo alcuni; una macchinazione di qualcuno interessato in una direzione o nell’altra, secondo taluni speleologi specializzati nelle dietrologie.

Al netto delle supposizioni e delle suggestioni, un dato è certo ed è che tra la conferma o la riforma della sentenza del Tar c’è anche una terza via: il rinvio; che sarebbe anche la via più sciagurata e getterebbe il Molise in una disperazione peggiore del limbo nel quale si trova da maggio. Rinviare significherebbe arrivare alla prossima primavera, con tutto quello che ne conseguirebbe. In primis il danno al Molise, che resterebbe appeso come l’angelo del presepe: né in cielo né interra ma ciondoloni, appiccato al tetto della capanna che ormai lo sovrasta da mesi. Rinvio significherebbe mantenere tutto il potere decisionale in mano alla Giunta regionale, senza alcun contrappeso e con un Consiglio trasformato nell’assise ossificata che s’è vista in questi mesi. Una sorta di consesso terrorizzato dall’idea che si torni alle urne. Al netto delle chiacchiere di circostanza, l’unico a fare il tifo per le elezioni è stato, è e resta Paolo Di Laura Frattura. Il resto sono parole in libertà, aria smossa da qualcuno per dar fiato alla bocca ma sempre accompagnate da una robusta dose di Imoduim.

Una seconda conseguenza legata ad un possibile rinvio è l’impossibilità di abbinare le eventuali regionali con le certe politiche. Il termine di novanta giorni per la convocazione dei comizi elettorali in caso di scioglimento del Consiglio ha natura ordinatoria e non perentoria e, pertanto, verrebbe superato dal Governo intenzionato a risparmiare quattrini e, di conseguenza, ad accorpare le elezioni. In termini pratici un rinvio sarebbe manna dal cielo per un centrodestra. E’ chiaro che quanto sta accadendo nel Pdl a livello nazionale avrebbe, in caso di elezioni congiunte, ripercussioni negativissime anche in Molise. Il probabile tsunami che travolgerà Berlusconi e compagni difficilmente lascerebbe immuni i proconsoli locali della ditta Pdl. Un rinvio, invece, consentirebbe a questi ultimi di riprendere fiato e di riorganizzare le fila e, nel giro di pochi mesi, provare a ribaltare lo schema. Andando indietro con la memoria, una situazione analoga si verificò nel 2006 quando proprio dal Molise suonò la prima campana a morto per il governo presieduto da Romano Prodi. Vinse prima Iorio a novembre e, successivamente, Berlusconi a primavera.

Sull’ipotesi rinvio si dice scettico Tonino Di Pietro e assolutamente contrario Paolo Di Laura Frattura. Sul cambio del collegio Di Pietro si limita ad un laconico “no comment”. Una astinenza da commenti che, a ben guardarci, è essa stessa un commento. Per ora non resta che aspettare il 16 ottobre, giorno di santi tutti strani (Edvige, Gallo, Longino, Lullo, Mommolino e Anastasio) e capire se dal calendario molisano spunterà il nome san Michele o san Paolo.

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