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venerdì, Novembre 22, 2024

Le lacrime del giorno dopo. In memoria del mio professore, Umberto Eco

AttualitàLe lacrime del giorno dopo. In memoria del mio professore, Umberto Eco

eco-umbertodi ANTONIO PICARIELLO

Caro professore, parto dall’ultimo articolo che avevo scritto per te verso di te con quel pizzico di rabbia e di amore che ho sempre nutrito nei tuoi confronti. Al Dams nel ’76 quando frequentavo i tuoi seminari di semiotica insieme a Enrico Palandri e a Pier Vittorio Tondelli , ti ammiravamo con l’intensità di un cristiano del 30 d. c. che assisteva agli insegnamenti del nuovo messia: non riuscivo a comprendere quasi nulla della nuova disciplina, ma magnetizzato dalla tua qualità pedagogica, avevo fede in te e questa fede mi portò a distanza di un anno a ricevere la santificazione “codificata” con il numero 29 sul libretto universitario. Caro professore di questa questione te ne parlai anni dopo dicendoti quanto sacrificio mi era costato trasformare la percezione del mio mondo scolastico in quello del sapere semantico. Un sacrificio accademico che aveva richiesto decine di riletture e una quantità cosmica di sottolineature a matita del tuo magnifico testo dal titolo pericoloso: “Trattato di semiotica generale”. Ma tanta applicazione non aveva minimamente scalfito la mia prepotenza romantica innamorata come Petrarca per Laura, di letteratura passionale a base di godimento della scrittura, votato alla tensione della trama, alla qualità descrittiva e alla figurazione. Devoto alla capacità costruttiva dell’autore alla composizione mappale degli incastri del racconto che tu, la tua disciplina, mi obbligavano a rivisitare attraverso la dissezione scientifica de” Les Mystères de Paris” di Eugène Sue. Mi obbligavi ferocemente a riformattare l’abitudine immaginativa del modello filmico con la struttura semiologica che inneggiava a termini che tanto amavi, – codice, significato, significante, denotativo, connotativo, idioletto, semema interpretativo, generativo, triangolo semantico, quadrato, indice ecc. ecc. (“ecc. ecc.” in semiotica ne è vietato l’uso senza una dissertazione analitica del significato [no. d’aut.]). Ricordo perfettamente il momento del tradimento in cui vendetti l’anima alla semiotica, il momento di trasmutazione in cui mi apparve lo spiro della conoscenza comprendendo il tuo concetto di enciclopedia che determinava la centralità per la costituzione del punto di riferimento addetto a regolare l’attività interpretativa: l’ipotesi è che due persone che comunicano devono attivare porzioni enciclopediche, selezionare contesti, scegliere proprietà semantiche, escluderne altre. Era sbocciata la mia fede semantica, ero il re dell’universo, ridevo e ballavo perché qualunque cosa esistesse o non esistesse al mondo o nell’universo potevo passarla al vaglio della mia interpretazione semiologica: il mondo aveva un senso e il senso apparteneva esclusivamente alla mia qualità interpretativa misurata con gli elementi della scienza semantica. L’autore del testo diventava il lettore, Petrarca e Laura diventavano una Colonna Traiana o semplici riferimenti di diplomazia gestionale dell’ossessione passionale dell’amore sotto il governo stilnovista. Così come “Il proibizionismo dei Promessi Sposi” si trasformava in tecnica da ripresa cinematografica che partiva dagli occhi di Dio, oggi diremmo semplicemente da una telecamera di un drone costeggia il lago e il suo ramo, poi discende comodamente a riprendere da Nord verso Sud il ponte e le rive e procede seguendo il corso del fiume dall’ampio verso lo stretto, dal largo ai torrenti, dai monti ai pendii ai valloncelli sino all’arredamento minimo delle strade e dei viottoli, ghiaia e ciottoli e termina nell’enunciato dei “bravi” “Questo matrimonio non s’ha da fare”. Un movimento semplice genuino panoramico che porta alla vittoria sociale del popolo sulla prepotenza mafiosa del potere. In fin dei conti tutto quello che avevo da imparare è che l’amore vero trionfa sempre sugli impedimenti scorretti: la semiotica mi insegnava a capire oltre il senso emotivo; bene e male diventavano regole sottese al contesto e alla storia. Diventavano linguaggio e poi capacità comunicative. Caro professore Eco, che strazio il giorno dopo la notizia della tua morte vederti seduto sulla sedia di Fazio a raccontare ancora una volta dell’importanza della memoria considerata al pari dell’anima in quanto se manca del tutto la memoria si arriva alla condizione del vegetale. Forse adesso senza più il tuo elegante rimprovero mondiale diventeremo tutti dei vegetali che si accorgono il giorno dopo la tua morte che sanno ancora piangere vedendoti in televisione ripreso da una regia che stabilisce le connotazioni delle immagini che resteranno nella storia e nella nostra memoria semantica. Noi tuoi vecchi allievi sappiamo piangere come piangono i bambini ricordandoti con immagini d’autore. Noi conosciamo qualcosa di segreto. Noi conoscemmo di te la grazia del pensiero perché siamo le piante che tu hai coltivato e prodotto tra le tante piante del pianeta terra.

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